Economia
Volkswagen vs Fiat: flessibilità su orari e salario, ma tutela assoluta del posto di lavoro
Wolfsburg è una città di circa 120mila abitanti della Bassa Sassonia fondata nel 1938 dai nazisti come Stadt des KdF-Wagens (“Città delle automobili”). E’ la patria della Volkswagen, leader mondiale del mercato auto, diretta concorrente della Fiat-Chrysler di Sergio Marchionne. Vittorio Malagutti de Il Fatto Quotidiano è andato in Germania per capire in cosa si differenziano Torino e Wolfsburg. Scoprendo due universi distanti anni luce:
Ciminiere all’orizzonte: quattro, altissime. Le scorgi da lontano, chilometri prima di entrare in città. Comincia da lì il passato che non se ne vuole andare. Catena di montaggio, fabbrica, operai. Un esercito di tute blu: quasi 20 mila. Fine del turno del mattino, eccoli. Escono a migliaia dai cancelli dello stabilimento. Una scena ormai neppure immaginabile dalle nostre parti. Questa è Wolfsburg, Germania del Nord, l’ultima factory town d’Europa. Una città con il marchio Volkswagen, la multinazionale dell’auto più efficiente del mondo, un gigante che l’anno scorso ha macinato ricavi per 159 miliardi di euro, quasi tre volte Fiat-Chrysler, con profitti per 15, 8 miliardi, più che raddoppiati rispetto al 2010. Il cuore e il cervello di questa macchina da soldi, stanno nella cittadina di 120 mila abitanti in Bassa Sassonia dove Hitler nel 1938 decise di costruire il primo nucleo dell’industria automobilistica di Stato. Dalla immensa fabbrica di Wolfsburg escono 800 mila auto all’anno, circa 100 mila più di quanto produce in totale la Fiat nei suoi cinque impianti italiani.
E’ un successone la Volkswagen guidata dall’amministratore delegato Martin Winterkorn, premiato da uno stipendio, da record pure questo, di 17, 5 milioni. Un successo che è quasi un miracolo, perché negli anni scorsi il gruppo tedesco è riuscito a delocalizzare la produzione, dal Messico alla Cina via Slovacchia, senza tagliare un posto di lavoro in Germania. E i lavoratori, quelli dei sei stabilimenti Volkswagen, sono al centro di un sistema di welfare, dentro e fuori la fabbrica, che da noi, per molti aspetti, è ormai un lontano ricordo. Per non parlare degli stipendi. La paga base di un operaio si aggira, al netto di tasse e contributi, sui 2. 700 euro, ma con qualche ora di straordinario è facile arrivare a quota 3 mila. In altre parole, a Wolfsburg il lavoro alla catena di montaggio è pagato all’incirca il doppio rispetto a Mirafiori o nelle altre fabbriche Fiat. Qui in Sassonia, nell’impianto da 51 mila dipendenti compresi gli amministrativi e un esercito di ricercatori, tutto si muove esattamente nella direzione opposta a quella indicata da Sergio Marchionne alla Fiat. È il mondo alla rovescia rispetto al verbo della fabbrica normalizzata e obbediente predicato dal numero uno del Lingotto.
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