Asti
Lezione di architettura al Cardinal Massaia: 40 professionisti studiano l’innovativo ospedale
7 anni di cantiere, 95 milioni di euro di lavori edili (altri 40 per attrezzature e arredi), 124.893 metri quadri di superficie complessiva su più livelli, compresi parcheggi, seminterrati e 9 mila metri quadri di piazza coperta che registra, ogni giorno, circa 5 mila passaggi e rappresenta una delle peculiarità dell’ospedale cittadino. Sono i numeri dell’ospedale astigiano Cardinal Massaia che ha ospitato, nei giorni scorsi, uno stuolo di professionisti.I piemontesi lo conoscono già, ma per i loro colleghi, una quarantina tra architetti e ingegneri provenienti da Palermo, Treviso, Roma, Firenze, Bologna, Milano e altre città, il Cardinal Massaia è stato una vera scoperta. Una quarantina di professionisti ha visitato l’ospedale astigiano, su iniziativa del centro nazionale edilizia e tecnica ospedaliera.
“E’ motivo di soddisfazione – commenta Carlo Marino, direttore amministrativo dell’Asl di Asti – sapere che il nostro ospedale, che a guardarlo assomiglia assai poco a una struttura sanitaria, oltre a sollevare una generale impressione positiva registra, oggi, anche il vostro interesse”.
A raccontare la storia del Massaia, prima della visita guidata, l’architetto Alberto Ghigo e gli ingegneri Marco Vitali, Leopoldo D’Inzeo e Egisto Grifa, progettisti e direttori dei lavori. I lavori al nosocomio, avviati nel 1997, si sono conclusi nell’aprile 2004 e il 2005 segnò il trasferimento di tutte le attività sanitarie, ad eccezione della radioterapia, che entrò in funzione a fine 2006, quando fu dichiarata la dismissione del vecchio ospedale di via Botallo.
“L’idea guida del progetto – sostiene Vitali – è stata proprio questa: costruire l’ospedale da una piazza all’altra, cioè da piazza Alfieri a quella coperta che sarebbe nata nel nosocomio, collegandole con l’arteria principale di Asti, corso Dante. In questo modo, rendendo la struttura sanitaria parte integrante della città e liberandola, attraverso le forme architettoniche, l’uso dei colori e dei materiali costruttivi, da quell’atmosfera pesante che ancora oggi avvolge gli ospedali”.
“La progettazione – commenta Ghigo – ha tenuto conto della necessità di concentrare in un’unica struttura due ospedali (con l’assorbimento dei servizi materno-infantili di via Corridoni), mentre strada facendo sono entrati a far parte del nosocomio i servizi territoriali, come il centro prelievi. Se dovessi indicare oggi quello che manca, direi un sistema di energie rinnovabili: tema di cui negli anni Novanta, quando avviammo la progettazione dell’ospedale, si iniziava appena a parlare. Noi lavorammo soprattutto intorno all’obiettivo dell’affidabilità, per garantire le stesse condizioni di funzionamento degli impianti anche in condizioni critiche. Senza dimenticare che “il passaggio dal vecchio al nuovo ospedale – conclude Ghigo – ha segnato per molti operatori sanitari un salto di mentalità, favorito anche da un diverso modello di organizzazione interna costruito attraverso studi e simulazioni mirate”.
“Ancora oggi – rimarca Grifa – l’ospedale di Asti continua a essere uno dei pochi, in Italia, dotato di un sistema di trasporto automatizzato: dai pasti per i ricoverati alla biancheria, tutto viaggia sui carrelli”. E per trasferire materiali di ridotte dimensioni, come le provette, funziona la posta pneumatica”.
A termine visita, tutti alla mensa ospedaliera ad assaggiare piatti a km zero con cui l’Asl continua a farsi conoscere anche all’estero.
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