Economia
“No alla tesoreria unica”: la Regione Piemonte farà ricorso alla Corte Costituzionale
La Regione Piemonte farà ricorso alla Corte Costituzionale contro la tesoreria unica, istituita dal decreto sulla concorrenza e lo sviluppo del governo Monti (art.35, co.8), che obbliga Regioni ed enti locali a trasferire alla Banca d’Italia tutta la loro liquidità. L’impugnazione, proposta dal presidente leghista, è stata approvata oggi dalla giunta. La tesoreria unica, ha detto Cota, ”lede il federalismo fiscale” e ”dimentica anche il principio di concorrenza cui pure intitola il decreto”.
COSA DICE L’ARTICOLO 35:
Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2014, il regime di tesoreria unica previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279 è sospeso.. Nello stesso periodo agli enti e organismi pubblici soggetti al regime di tesoreria unica ai sensi del citato articolo 7 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720 e le relative norme amministrative di attuazione.
La scelta del governo, secondo Cota, “contrasta violentemente con il principio costituzionale dell’autonomia finanziaria delle Regioni e degli Enti locali affermato con chiarezza dall’art.119 della Costituzione. Verremo impoveriti di più di quanto si arricchirà lo Stato. E sarà tutto il sistema a soffrirne anche per effetto della grande complicazione burocratica che si introduce, anche a discapito dei tempi di pagamento delle imprese”.
Ma che cos’è il regime di tesoreria unica? Lo spiega bene il blog On the Nord:
Il regime di tesoreria unica è stato introdotto nel 1984 e prevedeva che tutte le risorse dei Comuni fossero versate alla Banca d’Italia, su due conti separati. Su un conto, infruttifero, confluivano tutte le risorse trasferite dallo Stato. Sull’altro conto, fruttifero, confluivano le risorse prelevate direttamente dagli Enti locali. Quando il Comune doveva effettuare un pagamento, era tenuto a prelevare prima le risorse dal conto fruttifero. E’ necessario specificare che, ai tempi, la maggior parte delle risorse dei Comuni erano intermediate dallo Stato e finivano perciò sul conto infruttifero. Di conseguenza, gli Enti locali avevano una capacità di gestione della propria liquidità praticamente nulla, così come era praticamente nulla la possibilità di percepire degli interessi su questa stessa liquidità.
Nel 1997 è stato introdotto il regime di “tesoreria mista”, che nel 2008 è stato esteso a tutti gli Enti locali. Il sistema è misto perché prevede che le entrate provenienti dallo Stato finiscano su conti speciali presso le tesorerie provinciali, gestite dalla Banca d’Italia, mentre tutte le altre entrate possono essere depositate presso i tesorieri dell’Ente locale.
I vantaggi della gestione della liquidità comunale tramite una propria tesoreria sono diversi. In primo luogo, un maggior controllo delle risorse liquide può permettere una migliore capacità di pianificazione nell’uso delle stesse. In secondo luogo, la possibilità di rivolgersi al mercato ha permesso ai Comuni di beneficiare di migliori tassi di interesse, mettendo “a gara” la gestione di capitali, alle volte, piuttosto consistenti. C’è da dire che, in alcuni casi, i Comuni hanno abusato di tale possibilità, avventurandosi nel felice mondo dei derivati. Infine, alcuni osservatori hanno rilevato come la vicinanza geografica abbia reso più semplice i pagamenti.
Il decreto liberalizzazioni sancisce, di fatto, il ritorno al sistema di tesoreria unica. Perché? Perché, attraverso questa manovra, lo Stato centrale contabilizza gli 8,6 miliardi di euro al momento depositati presso le tesorerie degli Enti locali sul proprio bilancio, “a copertura”, per accrescere le garanzie della Tesoreria. In questo modo lo Stato potrà ridurre il ricorso ai mercati per finanziarsi, risparmiando, sugli interessi che dovrebbe pagare, 300 milioni (circa) nel 2012, 150 nel 2013 e altri 150 nel 2014.
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