Cittadini
L’interpretazione Rai del Regio decreto fa infuriare il web
Eccolo il Regio decreto n° 246 del 1938, pezzo di archeologia legislativa, che sta facendo infuriare il web: “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento”. Già, “radioaudizioni” perché allora c’era solo la radio, la televisione fu inventata 16 anni dopo e la possibilità di ascoltare le “radioaudizioni” sul Pc ci fu, anno più o anno meno, sei decenni dopo il Regio decreto. Paradosso nell’Italia alla disperata ricerca dello sviluppo e del rilancio economico, l’“assurdo balzello” – com’è già stato ribattezzato dalla maggior parte delle associazioni a tutela dei consumatori – potrebbe infierire un duro colpo alle imprese che si vedrebbero costrette a pagare dai 200 ai 6mila euro l’anno per il possesso di qualsiasi apparecchio in grado di ricevere le “radioaudizioni”: personal computer, tablet, iPad ma anche videofonini e persino i sistemi di videosorveglianza.
Secondo la versione riveduta e corretta del Regio decreto, dunque, il solo possesso di Pc o videofonino imporrebbe questo “canone speciale” in grado di rastrellare, se verrà effettivamente applicato, un miliardo di euro l’anno nelle cinque milioni di imprese che si sono viste recapitare la cartella esattoriale in questi giorni. Che la tassa galleggiasse nell’aria da tempo lo dimostra una nota del marzo 2008 con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva affermato come l’individuazione della tipologia di apparecchi soggetti a canone spettasse al Ministero delle comunicazioni. A quanto afferma Rete Imprese Italia il Ministero non ha mai fornito risposta al quesito e la Rai si è ora fatta impropriamente interprete dell’articolo 17 del decreto Salva Italia nel quale si legge: “Le imprese e le società, ai sensi di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione la categoria di appartenenza ai fini dell’applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale, nonché gli altri elementi che saranno eventualmente indicati nel provvedimento di approvazione del modello per la dichiarazione dei redditi, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale”.
Risulta evidente come la norma sia stata stiracchiata all’inverosimile. Secondo Rete Imprese Italia “quella del canone speciale Rai è una richiesta assurda perché vengono ‘tassati’ strumenti come i computer che gli imprenditori utilizzano per lavorare e non certo per guardare i programmi Rai – si legge su www.reteimpreseitalia.it -. Tanto più se si considera che il Governo spinge proprio sull’informatizzazione per semplificare il rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione” In soldoni basta avere un Pc in ufficio per essere automaticamente un telespettatore come a voler certificare, con tanto di tassa, che, invece di fare il loro lavoro, gli italiani passano il tempo a guardare la televisione. Seguendo questa logica chi abita in prossimità di un bosco dovrebbe pagare automaticamente la licenza per andare a funghi?
Il governo, per il momento tace. La rete no. Per discutere dell’argomento è stato creato un hashtag degno del palco sanremese #raimerda che in poche ore è schizzato in testa ai TT (trending topics). “Far pagare il Canone ad un pc o ad uno smartphone è come far pagare l’autostrada a chiunque abbia una macchina” dice La Pausa Caffè, “Sì, il mio smartphone è in grado di riprodurre i vostri contenuti, ma è la mia dignità a non consentiglielo… tassate anche quella?” aggiunge Matteo B. Anche La versione di Oscar il programma di Radio 24 ha dedicato la puntata di questa mattina all’argomento sondando le reazioni delle associazioni dei consumatori unite nel definire “balzello improprio” il canone speciale.
“Siamo sconcertati – spiega Gianni Del Giudice, presidente piemontese di Federconsumatori – perché anche la nostra associazione è stata colpita da questa tassa che impone l’obbligo di pagare il canone speciale a chiunque abbia un apparecchio atto o adattabile alla ricezione televisiva. A noi il Pc serve per lavorare e non abbiamo né il tempo né la voglia di utilizzarlo per vedere programmi televisivi. Questa tassa non ha senso: si dica che è una tassa sul possesso del Pc connesso alla rete ma non che è un canone televisivo. Per molti artigiani il Pc è uno strumento per effettuare degli ordini non un televisore”. Uno strumento di lavoro che diventa strumento di svago, una tassa di utilizzo che si trasforma in una tassa di possesso. E sul web impazza la polemica contro il Regio decreto più anacronistico della storia.
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