Cittadini
L’occupazione delle fondazioni bancarie piemontesi da parte dei politici torinesi
In questi giorni si sta concretizzando la candidatura sicura di Sergio Chiamparino a presidente della Compagnia di San Paolo e la possibile presidenza di Enzo Ghigo alla fondazione Crt. Sono due passaggi inquietanti che denotano la presa di possesso definitiva della politica delle fondazioni bancarie che in questo momento sono l’unica possibile fonte di denaro per finanziare progetti e attività. Una situazione senza precedenti che fa pensare. Scrive Ettore Boffano su Repubblica
Non c’eravamo infatti sbagliati, un mese fa: era già deciso, Sergio Chiamparino sarà il prossimo presidente della Compagnia di San Paolo. La politica svela così il suo vero volto (che non è certo dei migliori) e fa diventare infine trasparente un patto che era già stato stipulato ben prima del dicembre scorso e delle stesse “primarie” del Centrosinistra. Un patto tra politici, tra simili che si tutelano e si proteggono, che si scambiano competenze e mandati, che soprattutto non si abbandonano mai, nella buona e nella cattiva sorte.
Un “contratto” sottoscritto nel riserbo e lasciato poi trapelare con destrezza nei gossip e nei chiacchiericci, ma che in realtà riguardava sin dall’inizio la definizione assolutae oligarchica degli assetti di potere della città nel secondo decennio torinese del terzo millennio.
Che dire adesso? Le polemiche non hanno senso e neppure gli estremi intrighi attorno alla Compagnia condotti – sia pure con coraggio e in campo aperto – da qualche «vecchio leone» della Torino che fu, ferito e malconcio e senza neppure più le truppe di un tempo. Lo scenario, poi, ha contorni deprimenti e poco commendevoli: tra chi ipotizza nuovi patti di scambio tra i due poli, in vista del rinnovo dell’altra fondazione bancaria cittadina, e chi indica le poltrone già sicure per questa o quella moglie o compagna dei piccoli ras locali del Centrodestra e del Centro.E alla fine, alimentare scontrie pettegolezzi sarebbe in parte ingiusto, bisogna dirlo, nei confronti dello stesso Chiamparino: non il “Chiampa” di oggi o magari dei futuri quattro anni, ma certamente del decennio appena trascorso. La vera questione, invece, è quella dell’invasione militare, da parte della politica, delle fondazioni bancarie: animali giuridico-economici anomali, dalle tante teste e dalle tante missioni, ma comunque caratterizzati da un’auspicabile funzione di “garanzia”. Da oggi, almeno a Torino, non sarà più così.
Un patto di potere è alla base della designazione di Sergio Chiamparino alla presidenza della Compagnia di San Paolo. Stipulato ben prima del dicembre scorso e persino delle primarie del centrosinistra che incoronarono Piero Fassino. «Un patto tra politici, tra simili che si tutelano e si proteggono, che si scambiano competenze e mandati, che soprattutto non si abbandonano mai, nella buona e nella cattiva sorte». Lo scrive non lo spiffero, che pure a suo tempo non mancò di denunciare il circolo vizioso, il cortocircuito torbido e omertoso della triangolazione politica-amministrazione pubblica-finanza, ma Repubblica di Torino con una delle sue firme più autorevoli, Ettore Boffano. Successioni dinastiche nella ristretta e incestuosa oligarchia cittadina, passaggi del testimone tra le nomenclature di partito, il cui scopo principale è la perpetuazione delle personali carriere e ha come pregiudiziale la continuità degli assetti di potere. Ceto autoreferenziale, corporazione politica, casta. Chissà come definiremmo tutto ciò se avvenisse in altri contesti e a certe latitudini, noi portatori malsani della superiorità morale “azionista”? Ma la mafietta sabauda si autoassolve, sempre.
Il quadro potrebbe farsi ancor più inquietante se nelle prossime settimane trovassero conferma voci sul presunto allargamento del patto al centrodestra, o a una parte significativa di esso. Le brame di Enzo Ghigo sulla Fondazione Crt sono arcinote, altrettanto risaputo è il ruolo di Fabrizio Palenzona che nell’ombra lavora alacremente per rafforzare un asse bipartisan. La ciliegina sulla torta (da spartire) sarebbe la nomina di Patrizia Polliotto direttamente da Fassino: un ticket che plasticamente rivelerebbe la natura compromissoria dell’accordo. Il sindaco ne avrebbe parlato nel corso degli incontri con gli stakeholder camerali. E se volessimo leggere malignamente la politica casalinga, le avvisaglie vanno tutte in quella direzione, a parti inverse ma speculari: la pressoché irrilevante opposizione in Sala Rossa fa il paio con la debole iniziativa a Palazzo Lascaris.
Iscrivi al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese