Piemonte
Saitta attacca il governo Monti: “Gravi le scelte sulle Province, aumenteranno solo i costi”
Se il governatore Cota annuncia di voler ricorrere alla Consulta contro la scelta del governo Monti di “cancellare” le Province, sulle barricate sale anche il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta: ”Le decisioni dell’esecutivo sulle Province rappresentano un grande errore, frutto di pregiudizio, una concessione alla polemica anti-casta oggi imperante. Il risparmio vero che deriverebbe dalla trasformazione delle Province sarebbe di 35 milioni, cioè il costo degli amministratori. Ma il trasferimento delle funzioni a Comuni e Regioni non farebbe altro che aumentare i costi della pubblica amministrazione”. Così Saitta intervenendo in Consiglio provinciale per informare assessori, consiglieri e una delegazione di dipendenti sul futuro delle Province in Italia alla luce dell’emendamento del governo che le trasforma in enti di secondo livello trasferendo le competenze a Regioni e Comuni.
”Non ha nessun senso il nuove ente delineato dal decreto – ha proseguito l’esponente del Pd – che sarebbe non elettivo e privo di funzioni amministrative: un vero passo indietro per la politica e la democrazia, perchè in questo modo si allarga la fascia dei non eletti quando oggi nel Paese c’è bisogno che il potere sia visibile, a partire dall’elezione dei parlamentari. Commissariare organi eletti dal popolo è contro la Costituzione, nella nostra storia era capitato solo durante il fascismo. E noi faremo valere le nostre ragioni davanti alla Corte Costituzionale”.
”Ribadisco la necessità di una riforma vera della pubblica amministrazione nel suo complesso. E partiamo dalla nostra realtà con delle proposte coraggiose: riduciamo a 4 le Province piemontesi, siamo tutti d’accordo, e poi lavoriamo per la Città metropolitana, che nel caso di Torino corrisponde all’intero territorio provinciale. Ma non consentiamo che la Provincia sia svuotata delle sue funzioni e del suo patrimonio di storia, di competenze, di professionalità . C’è bisogno di un movimento di opinione e di difesa delle prerogative democratiche del Paese, la tecnocrazia rischia di ritenere politica e dibattito come un intralcio”.
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