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Ambiente

Rivoluzione in Provincia di Torino. Saitta promette: “Mai più cemento sul suolo libero”

Davide Mazzocco

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Non dal Governo, non dalla Regione, la rivoluzione ecologica arriva dalla Provincia, precisamente da quella di Torino. C’era molta attesa per il convegno Territorio: maneggiare con cura di quest’oggi nella sede della Provincia di Torino di corso Inghilterra e l’inizio è stato col botto: “Nelle aree libere non si costruirà più: le vicende di questi giorni dimostrano come sia indispensabile fermarsi. Non possiamo continuare a governare il territorio con le vecchie regole o peggio con la negligenza” ha detto il presidente della Provincia Antonio Saitta in avvio della presentazione del nuovo Piano territoriale provinciale di coordinamento (Ptcp). “Il Ptcp mette un freno al consumo di suolo: d’ora in avanti i comuni, nel modificare i piani regolatori, dovranno adeguarli a regole precise. Certo, viene stabilito un principio sicuramente forte; ma non vogliamo imporre nulla, saranno gli enti territoriali a decidere quali sono le aree libere” ha continuato Saitta, fornendo alcune cifre sul consumo di suolo nel territorio provinciale. Una su tutte quella del consumo di suolo libero dal 1990 al 2006: in un lasso di tempo in cui la popolazione provinciale è rimasta pressoché immutata sono stati edificati 7479 ettari di suolo agricolo, una superficie pari a quella di Rivoli, Ivrea e Grugliasco messe insieme. Ma l’altra cifra che mette i brividi è che il 75% di quel terreno era di prima o seconda classe ovverosia ideale per la coltivazione.

Il malcostume di vendere terreno per fare cassa, insomma, sembra un capitolo chiuso, quantomeno in Provincia: “Non do un giudizio negativo sulle amministrazioni comunali, conosco la loro disperazione per far quadrare i bilanci, ho fatto anch’io il sindaco. Abolire l’Ici è stato un errore perché non può essere l’urbanizzazione a finanziare le mense scolastiche o l’illuminazione urbana”. Saitta ha chiamato in causa addirittura il Pontefice, ribadendo a più riprese il valore intergenerazionale della salvaguardia dell’ambiente: “I risultati importanti non si ottengono velocemente, bisogna saper governare il territorio come ‘bravi contadini’ e soltanto a lungo termine si potranno vedere i frutti di questa scelta”. Saitta è poi tornato sulla polemica di fine estate: “Siamo stati criticati e abbiamo subito pressioni sull’apertura della nuova Ikea, ma siamo andati avanti perché le regole valgono per tutti”. Non poteva mancare un accenno agli eventi delle ultime ore: “Negli ultimi anni ho seguito molti casi di eventi alluvionali e ho visto annunciare molti provvedimenti. Dopo non è mai successo nulla. Alcuni sindaci sono stanchi di dover organizzare l’emergenza e con le norme del nuovo Ptcp noi pensiamo di fare la nostra parte per mantenere in vita un pezzo di futuro”.

Successivamente è stato il direttore dell’area Territorio e Trasporti Paolo Foietta a entrare nel merito del Ptcp spiegando le linee guida del piano: “L’epoca degli sprechi è finita. Quello che proponiamo con il nostro Ptcp è un nuovo modello in cui Regione, Provincia e Comune sono chiamati a lavorare insieme su regole condivise. L’Italia e il Piemonte non hanno leggi di governo territoriale, noi affermiamo valori e principi senza aspettare. L’Osservatorio sul consumo del suolo è nato nel 2002, ora è il momento di fare. Noi crediamo che si possano stabilire regole non aggirabili da deroghe in virtù del proprio cognome, norme che siano tali tanto per le multinazionali come per il signor Pautasso”. Il caso Ikea, insomma, è sempre dietro l’angolo e gli eventi degli ultimi giorni non possono non entrare nel discorso visto che consumare suolo libero vuol dire, anche, consumare suolo drenante. Sono i numeri a sostenere questa piccola rivoluzione che parte dalla Provincia di Torino, quella forbice sempre più larga fra edifici e popolazione che indica una speculazione edilizia: “Il nostro non è un piano contro i costruttori – continua Foietta -. Le aree ad alta densità sono ricche di zone e di edifici che possono essere oggetto di riconversioni e ristrutturazioni. Perché l’altro dato che non bisogna dimenticare è che dei 7500 ettari consumati fra il 1990 e il 2006 ben 4000 erano di prima e seconda classe ovverosia suoli che tutto il  mondo ci invidia e che mezzo mondo vuole acquistare”. Il principio è semplice: sul suolo libero non si edifica perché “l’urbanistica segue un disegno funzionale non una logica immobiliare”. In un mondo ideale l’attuale tripartizione fra aree dense, aree di transizione (periferie e non luoghi) e aree libere diventa una bipartizione con aree dense e aree libere. In un momento di grande difficoltà economica la salvaguardia dell’ambiente può passare da incentivi volti alle ristrutturazioni, alle riconversioni del suolo che è già stato sottratto all’agricoltura. Perché – e di questo troppo poco si parla – un campo che è stato coperto dal cemento ha bisogno di mille anni per tornare a diventare fertile. Il che significa che quando ci sarà bisogno di riconvertire le nostre abitudini alimentari a una dieta impostata sulla filiera corta le scelte urbanistiche fatte negli ultimi venti-trent’anni potrebbero rivelarsi molto care per tutti.

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