Ambiente
Guariniello, un libro racconta quarant’anni di battaglie in difesa dei più deboli
“Questa è la mia utopia: aiutare i più deboli”. Prima come pretore, poi come Pm Raffaele Guariniello ha sempre interpretato la giurisprudenza come un mezzo per aiutare, praticamente, le categorie più deboli, gli offesi siano esse operai o sportivi, “perché i deboli appartengono trasversalmente a tutti gli strati sociali”. Il giudice di Alberto Papuzzi, da poco in libreria per i tipi della Donzelli, ne ricostruisce la parabola professionale dalle inchieste dei primi anni Settanta alla Fiat (che smascherarono un sistema di schedatura di oltre 354mila dipendenti e l’attività anti-comunista di Luigi Cavallo) alle prime cause per malattia professionale (l’Ipca di Ciriè e la Sia di Grugliasco e Pianezza), dal processo per doping alla Juventus a quello per il rogo della Thyssen Krupp, per poi finire con quello, ancora in corso, all’Eternit. Estraneo a ogni colorazione politica, Guariniello è un pragmatico: “Questa è una delle formule che nel bene e nel male caratterizzano la mia vita: unire lo studio di un’attività specifica, sfruttare lo studio per raggiungere certi concreti obiettivi, e d’altra parte avere un’attività pratica che alimenta lo studio e lo rende necessario”.
L’uomo che emerge dal bel libro di Papuzzi è un rivoluzionario. Il giovane pretore che a inizio carriera non esita a mettersi contro i poteri forti della propria città è lo stesso che quarant’anni dopo porta alla sbarra la più importante multinazionale dell’amianto per un processo che diventerà, qualsiasi ne sia l’esito, una pietra miliare della giurisprudenza nell’ambito della difesa dei lavoratori. La prima grande rivoluzione di Guariniello avviene negli anni Settanta e Ottanta con un radicale cambiamento di prospettiva: da semplici fatalità, gli infortuni e le morti sul lavoro diventano oggetto di indagini della polizia giudiziaria che inizia a lavorare sulle morti bianche come su di un qualsiasi altro caso criminoso. Dai primi anni Ottanta l’orizzonte si allarga alle malattie professionali, delle quali il Piemonte è, purtroppo, un triste primatista. Dall’attività di Guariniello nasce, nel 1992, l’Osservatorio sulle malattie professionali; facendo seguito alle sue inchieste viene varata, nel 2000, una legge nazionale antidoping; l’omissione dolosa di cautele infortunistiche, il disastro colposo e altre norme del Codice penale finite nel dimenticatoio tornano a fare giurisprudenza in cause che, prima della sua rivoluzione, si limitavano al risarcimento delle parti civili. Il 15 aprile 2011, per la prima volta al mondo, un omicidio dovuto a infortunio sul lavoro – il rogo del 6 dicembre 2007 alla Thyssen Krupp – viene interpretato come volontario, in relazione alla volontarietà dei comportamenti omissivi che lo hanno causato.
Con Guariniello la Procura della Repubblica di Torino è diventata un punto di riferimento: “I magistrati di altre procure vengono a visitare l’Osservatorio dei tumori, che abbiamo realizzato con la Regione Piemonte. Dall’estero siamo studiati perché negli altri paesi non si utilizza la giustizia penale, per infortuni sul lavoro o malattie professionali”. Su queste solide basi è nato il processo all’Eternit che volge al termine ma che sarà seguito da un secondo procedimento nel quale si costituiranno come parti civili tutti i nuovi malati, quelli non inclusi nella causa iniziata nell’aprile 2009. L’ideale coronamento di quarant’anni di battaglie a difesa della salute e della vita dei lavoratori, sarebbe per Guariniello la creazione di una “Procura nazionale per infortuni sul lavoro e malattie professionali, sul modello della Procura nazionale antimafia”. Una struttura che dovrebbe allargare all’ambito nazionale ciò che è stato fatto negli ultimi decenni a Torino, ancora una volta città-laboratorio e incubatrice di nuove idee.
Alberto Papuzzi, Il giudice. Le battaglie di Raffaele Guariniello, Donzelli, 156 pagine, 15 euro
Iscrivi al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese