Piemonte
Massimo sold out per la presentazione torinese di “Ruggine”
La sala è piena e Daniele Gaglianone è visibilmente commosso, la presentazione al Cinema Massimo, per lui, vale quanto l’anteprima veneziana: “Con i miei precedenti lavori avevo spesso insistito con la distribuzione per avere il film in questa sala ma non c’era mai stato nulla da fare – spiega il regista -. Esserci riuscito ha, per me, un significato particolare perché è in questa sala che la mia generazione è cresciuta cinematograficamente”. Come prevedibile “Ruggine” è un film duro, ruvido, incapace – come tutto il cinema del regista torinese – di compromessi. Nella storia dei ragazzi di una periferia degli anni Settanta e dell’incontro con il mostro (il dottor Boldrini interpretato da Filippo Timi) c’è il nucleo di un film che alterna il passato al presente di Carmine, Sandro e Cinzia chiamati a fare i conti, in maniera più o meno dolorosa, con l’evento che ne ha irrimediabilmente segnata l’infanzia. In sede di sceneggiatura Gaglianone e Alonge hanno compiuto scelte ben precise decidendo per un flusso della narrazione indistinto, capace di mescolare passato e presente senza ricorrere al flashback. Si tratta di un espediente al passo coi tempi, si veda, per esempio, The tree of life di Terrence Malick.
Il complesso ruolo del medico pedofilo sostenuto da Filippo Timi è stato uno degli enigmi più difficili da risolvere: “In sceneggiatura è subito stato chiaro sia a me che a Giaime Alonge che non si sarebbe dovuta praticare la ‘falsa pista’ ovverosia far credere che il personaggio fosse buono per poi far scoprire la sua malvagità. La stessa cosa è avvenuta con Filippo: l’orco è l’orco e non sarebbe stato possibile lavorare sui mezzi toni. Sul personaggio di Boldrini l’intesa è stata totale: ci dovevano essere momenti in cui era estremamente trattenuto e altri di esplosione”. Che Timi sia, attualmente, l’attore italiano più adatto a ruoli estremi lo aveva già dimostrato Vincere di Marco Bellocchio, ma nel film di Gaglianone la sua interpretazione crea uno strano senso di straniamento. La visione di Ruggine lascia una certa nostalgia di film come Nemmeno il destino e Pietro nei quali il punto di forza era l’immediatezza, la spontaneità, la freschezza della recitazione: “Nei miei precedenti film – ammette Gaglianone – mi sono sempre preso del tempo per stare con gli attori, per preparare il film prima delle riprese e questa cosa mi è mancata”.
Ruggine è uscito in 51 copie, sta ottenendo un buon successo di pubblico ed è facile prevedere che grazie a un attore di fama internazionale come Stefano Accorsi potrà facilmente essere venduto all’estero. I personaggi di Accorsi, Valerio Mastrandrea e Valeria Solarino sono figure appena abbozzate, proiezioni impressionistiche della storia portante, quella dei bambini. Il regista non ha nascosto la difficoltà di lavorare su di un tema spinoso come la pedofilia: “Ho cercato di essere il più possibile leale con tutti loro evitando, chiaramente, di urtare la loro sensibilità. Non nascondo che ci siano stati momenti di grande tensione perché fare un film vuol anche dire confrontarsi con un orologio che gira ma, quando riguardo le loro scene, sono contento del risultato”. Gaglianone ha raccontato di come, al Festival di Venezia, una giornalista della Rai gli abbia chiesto il perché di film così duri: “Forse, le ho risposto io, ci vuole qualcuno che dia qualche schiaffone. Sono trent’anni che ci raccontiamo barzellette ed ecco che bella fine stiamo facendo”.
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