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Cuneo

Il Giro di Padania non è ancora iniziato, le polemiche sì

Davide Mazzocco

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La corsa a tappe non è ancora partita ma di polemiche ce ne sono già state a bizzeffe. Perché? Semplice, perché la corsa ciclistica che partirà martedì 6 settembre da Paesana (Cn) per raggiungere dopo cinque tappe Montecchio Maggiore si chiama Giro di Padania e nasce, guarda un po’, nell’anno e nella regione che hanno celebrato i centocinquant’anni dell’Unità nazionale. Fortemente voluta dal senatore e sottosegretario al Ministero dell’Interno Michelino Davico, avallata dal senatùr Umberto Bossi, organizzata da Gianni Genta e Valerio Fissore con la collaborazione degli ex professionisti Massimo Ghirotto e Matteo Cravero, la gara a tappe inserita nel calendario delle indicative in vista dei Mondiali di Copenaghen del prossimo 25 settembre ripercorrerà a grandi linee il percorso del Po andando a toccare quasi tutte le regioni settentrionali. La partenza avverrà da Paesana già teatro del “rito dell’ampolla” ovverosia dell’imbottigliamento delle acque “sacre” e sorgive del Padus prima del trasporto delle medesime alla Foce, a Venezia o dintorni.

Ecco, il Giro di Padania si muoverà a zig zag su quest’asse arrivando a Laigueglia (Sv), Vigevano (Pv), Salsomaggiore (Pr), San Valentino di Brentonico (Tn) e Montecchio Maggiore (Vi). Una corsa di indubbio interesse sotto il profilo tecnico che vedrà al via giovani velocisti come Elia Viviani, Andrea Guardini e Sacha Modolo e scalatori come Ivan Basso, uomini da classiche come Giovanni Visconti. Già proprio il siciliano Visconti che indossa la maglia tricolore e che la porterà a spasso per la cosiddetta Padania con l’obiettivo di vestire l’azzurra, magari da leader, al Mondiale di fine mese. Ma più che per gli aspetti tecnici il Giro di Padania ha già scatenato numerose polemiche ed è facile intuire che la corsa non avrà vita facile.

Durante la presentazione della manifestazione a Villa Cordellina a Montecchio Maggiore alcuni manifestanti dell’associazione Montecchio Slegata hanno distribuito volantini contro la corsa, sventolando bandiere tricolori e vestendo le magliette No Dal Molin. Il coordinatore provinciale degli enti locali Veneto Rifondazione comunista Giuliano Ezzelini Storti ha invitato i sindaci vicentini a una “disobbedienza civile” da realizzare ostacolando il passaggio della gara. Alla presentazione era presente anche Renzo Bossi, figlio di Umberto, che si è fatto ritrarre in sella a una fiammante bicicletta con tanto di divisa da leader della corsa padana. Gli attivisti presenti a Montecchio hanno fatto sapere che il 10 settembre – in occasione della tappa conclusiva della corsa – si muoveranno da Rovereto al Pian delle Fugazze compiendo una pacifica “transumanza” volta ad ostacolare il passaggio della gara. La transumanza, nata da un’idea dell’artista veneto Alberto Peruffo, sarà concepita come performance artistica: invece dei W Basso e W Visconti i transumanti tracceranno croci e parole sulla strada.

Ma non finisce qui. Anche in Piemonte, sede di partenza della gara, si vive la stessa vigilia. Il segretario provinciale cuneese di Rifondazione Comunista Fabio Panero ha invitato i sindaci dei comuni di  Sanfront, Revello, Saluzzo, Savigliano, Fossano, Mondovì, Vicoforte, Pamparato, Colle di Casotto e Garessio a seguire l’esempio dei sindaci di Piacenza e Fiorenzuola che hanno negato il passaggio sul proprio territorio alla corsa leghista. Anche il segretario nazionale di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, in precedenza, aveva scritto ai presidenti della Federazione Ciclistica Italiana e del Coni ponendo un semplice quesito: come può la federazione che premia i suoi campioni con il tricolore patrocinare una gara il cui leader vestirà le insegne leghiste?

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