Cultura
Le radici del cattolicesimo sociale di Donat-Cattin: il saggio di Bracco, Crivellin e Musso
Vent’anni sono trascorsi da quando Carlo Donat-Cattin ha lasciato questo mondo, e tutto è mutato. Anche il passato di un cavallo di razza della storia repubblicana, democratica e cristiana del nostro paese, non avrebbe gradito la deriva della politica a puro avanspettacolo. E chissà come avrebbe agito il Carlo Donat-Cattin giornalista, sindacalista, amministratore e uomo di pensiero e azione alle more di una crisi economica profonda e di sistema come quella attuale.
Tante domande alle quali è impossibile dare risposte. Molto più serio e possibile allora, riprendere come bene hanno realizzato Giuseppe Bracco, Walter E. Crivellin e Stefano Musso (“Carlo Donat-Cattin e Torino. Giornalista, sindacalista, amministratore pubblico scritti 1945-1958”, Edizioni Lavoro, 2011 , pp. 292, 20 euro), la genesi del pensiero e dell’azione di Carlo Donat-Cattin, un protagonista della storia nazionale, che fu all’inizio personalità di rilievo e di levatura superiore nel Piemonte, democratico e antifascista e negli anni decisivi della ricostruzione dell’Italia.
Nell’anno delle celebrazioni molto è stato scritto e detto, il convegno storico dello scorso marzo ha ripercorso storie, vicende, relazioni, saggi e articoli hanno fatto memoria dell’uomo e del politico ed ora con il saggio tre illustri rappresentanti dell’accademia torinese e il brillante giornalista e tra i decani della professione in terra sabauda Beppe Del Colle, ripartono dalle radici dell’ascesa pubblica di Carlo Donat-Cattin, negli anni decisivi del dopoguerra, quando la comunità torinese, non solo dei palazzi della politica e i salotti della borghesia torinese, ma anche la città operaia e del mutuo soccorso cattolico scopriva le doti di un giovane di idee innovative e molte speranze.
La formazione democratica e cristiana, del padre Attilio, e della madre, dell’Azione Cattolica di Pio XI che seppe opporsi, non frontalmente, ma come un fiume carsico alle aberrazioni del fascismo, sono l’humus culturale nel quale il giovane Carlo inizia la sua avventura sociale. E dalla Resistenza al giornalismo, dal sindacato al partito, il percorso è stato accidentato ma lineare nei suoi principi di libertà, ispirazione evangelica, contro ogni totalitarismo, nazifascismo prima e comunismo poi, per la costruzione di una società più libera e più eguale.
Nelle belle pagine di Del Colle e Crivellin si evince come Carlo Donat-Cattin si inserisca con autorevolezza e con coraggio come anello di congiunzione tra i rappresentanti dell’antica esperienza popolare di estrazione sturziana torinese e le nuove leve del cattolicesimo democratico.
Fuori dagli ambienti classici della nuova classe dirigente cattolica: l’intellettualismo di marca fucina, il laburismo cristiano di Giuseppe Dossetti o il clericalismo di una parte di Azione cattolica, seguace di Luigi Gedda, Carlo Donat-Cattin sposa la sfida di un cattolicesimo sociale, laico e autonomo da ogni tentazione di organica alleanza con le istituzioni ecclesiastiche e quindi libero di agire in campo aperto nel confronto anche aspro con il movimento comunista (con il dialogo era comunque necessario dialogare) e i padroni del vapore economico, in particolare, essendo la sua città di elezione, formazione e compimento umano, Torino, la Fiat degli Agnelli e di Valletta.
La sua attività giornalistica prima al “Popolo Canavesano” e poi al “Popolo Nuovo”, il suo impegno nella Cisl, e l’adesione senza indugi alla linea laica di Giulio Pastore, contro quella cattolica di Giuseppe Rapelli, rappresentano per Carlo Donat-Cattin un modo di intendere la politica, prima ancora che all’interno di un partito, come impegno per migliorare le condizioni generali, di tutti nessuno escluso e affrontare i grandi nodi dell’economia con la volontà di decidere, anche a costo di lasciare una parte degli interlocutori insoddisfatti. Questa è la politica avrebbe affermato Carlo Donat-Cattin l’arte del possibile.
Le battaglie politiche Donat-Cattin come amministratore pubblico nei primi anni di vita nei consigli degli enti locali sono caratterizzate, da un’analisi profonda e ricercata ma soprattutto dalla necessità di decidere, nel tentativo di dare una linea politica al partito, di scegliere assumendosi le proprie responsabilità. Non per nulla già nei quindici anni analizzati dai tre autori del volume s’intuisce come Carlo Donat-Cattin avesse numeri, idee e capacità per diventare un grande leader nazionale, nel sindacato e poi nel partito democristiano. Certo un capo scomodo, polemico, complicato nell’approccio, ma con doti e intuizioni che spaziavano dal campo economico a quello sociale, dai temi di politica nazionale ai grandi scenari dell’organizzazione sociale, di un mondo in mutazione come quello uscito dalla seconda guerra mondiale ed investito da una crescita economica “miracolosa”.
Dai suoi articoli e dai suoi scritti, ripresi e riletti criticamente, da questo volume, emerge il pensiero di Carlo Donat-Cattin su temi che saranno decisivi negli anni della sua attività di ministro della Repubblica. Torino, città operaia e dell’immigrazione, dello scontro sociale e di classe nonché luogo simbolo delle sperimentazioni in campo sociale ed economico ebbe in Carlo Donat-Cattin uno tra i suoi più autorevoli e controversi protagonisti. La sua eredità come un fiume carsico a Torino, in Piemonte ed in Italia ha raggiunto uomini e donne, che oggi appartengono a mondi diversi, a scuole e partiti politici che si contendono il consenso degli italiani.
Ma in fondo la fondazione che porta il suo nome, guidata dal figlio Claudio, è l’esempio più limpido di un seme che ha dato frutto, raccogliere in un luogo, scritti, documenti, storie, vicende e pensieri per dare ancora un futuro ad un progetto storico, quello cattolico-democratico, con forme nuove ma basato su salde radici che affondano nel passato.
Lunedì 18 luglio (ore 21) nella sede della Fondazione Carlo Donat-Cattin in via Stampatori, 3 a Torino, intervengono alla presentazione: Piero Fassino sindaco Città di Torino, Antonio Saitta presidente Provincia di Torino; Bartolomeo Giachino sottosegretario ai Trasporti; Luca Remmert vicepresidente Compagnia di San Paolo; Nanni Tosco segretario Cisl Torino. Modera Claudio Donat-Cattin presidente dell’Istituto.
Articolo di Luca Rolandi
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