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Sequestro e tentato omicidio stile “Arancia Meccanica”. La vittima è stata incaprettata

Redazione Quotidiano Piemontese

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Sequestro di persona e tentato omicidio. Le accuse rivolte a due astigiani, padre e figlio, che hanno rapito, legato, malmenato, sparato alle mani e incaprettato, fino quasi allo sgozzamento, un 42enne di San Damiano d’Asti. I fatti si sono svolti martedì 28 giugno e risolti, grazie alle indagini investigative dei carabinieri di Villanova d’Asti, ieri, nel giro di due settimane. La vittima, Massimo Barberis, decoratore, stava tinteggiando, con un suo amico e collega, le pareti dell’abitazione della famiglia Pettinato, a Pratomorone di Tigliole, nel torinese, in una zona isolata, in aperta campagna, quando, senza apparente motivo, Antonio Pettinato, 64 anni, pensionato, pregiudicato per reati, alcuni recenti, contro la persona, e suo figlio Emanuele, 32enne imprenditore edile e muratore, hanno sequestrato Barberis, mentre stava lavorando, legandolo con una corda e trascinandolo fuori dall’abitazione.

Lo hanno aggredito con estrema violenza, accusandolo di averli derubati di 5mila euro, nascosti nella tasca di una giacca in casa. Anche l’amico di Barberis è stato picchiato, riportando ferite molto più lievi. Tutta la famiglia ha assistito alla scena, la moglie di Pettinato e un altro figlio, mentre Antonio ed Emanuele hanno legato ad un albero i due, incaprettandoli, ovvero bloccandogli, con la corda, mani piedi e passandola poi attorno al collo, in modo da assicurare un lento e progressivo strangolamento.

Non ricevendo la confessione del furto dei 5mila euro, i due Pettinato hanno infierito su Barberis con calci e pugni e, alla fine, gli hanno sparato due colpi alle mani provocandogli fratture e numerose lesioni alle falangi. A quel punto, convinti dell’innocenza delle vittime, li hanno slegati e lasciati andare dopo ore di torture, almeno tre, dalle 19 alle 22 circa, minacciandoli di morte in caso di denuncia.

Barberis, in una pozza di sangue e con evidenti segni di strangolamento, ridotto quasi in fin di vita, è stato costretto a chiamare il 118, una volta a casa propria che, secondo la ricostruzione dei fatti da parte dei militari, avrebbe raggiunto accompagnato, con la sua auto, da uno dei Pettinato che sarebbe poi tornato a Pratomorone con un’altra vettura guidata da un suo familiare. Barberis, infatti aveva le mani avvolte in una maglietta all’interno di un sacchetto di plastica pieno di sangue e non avrebbe potuto guidare in quello stato.

Inoltre, non è ancora ben chiara la posizione del suo amico, molto poco collaborativo verso i carabinieri, testimone dei fatti e probabile futuro indagato. Una volta chiamato il 118, sono stati allertati anche i carabinieri a cui Barberis, inizialmente ha raccontato una versione poco credibile degli eventi. Terrorizzato dalle minacce di vendetta dei Pettinato se avesse parlato e dalla violenza subìta, ha tentato di evitare la verità raccontando un’aggressione da parte di ignoti. I militari, però, pur con poca collaborazione da parte delle vittime che cercavano di eludere le indagini, hanno scoperto la realtà dell’accaduto.

“Gli aggressori si sono fatti giustizia da soli – racconta Dario Ragusa, capitano dei carabinieri di Villanova d’Asti – invece di denunciare il furto dei 5mila euro alle autorità competenti, visto che Barberis è rimasto tutto il giorno nell’abitazione dei Pettinato. Hanno agito in maniera violenta, inspiegabile. I fatti sembrano quasi descrivere una scena del film “Arancia Meccanica”, tale è stata la violenza dell’aggressione, motivo per cui l’accusa è di tentato omicidio”. Le perquisizioni nell’abitazione di Pratomorone hanno permesso, grazie anche alle unità cinofile impiegate,  il ritrovamento della corda usata con evidenti tracce ematiche, ma non della pistola di cui, probabilmente la famiglia Pettinato si è liberata e che non era denunciata.

Al momento, Antonio ed Emanuele si trovano nelle carceri astigiane, in esecuzione di un provvedimento di misura cautelare, emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Asti, mentre la moglie e l’altro figlio risultano indagati, avendo partecipato in maniera marginale ai fatti.

La vittima, medicata dai sanitari ospedalieri è stata ricoverata e poi dimessa con una prognosi di 30 giorni.

 

Nelle foto: la conferenza stampa dei carabinieri di Asti e i due aggressori, padre e figlio

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