Cultura
Il cinema Massimo omaggia Jerry Lewis. Dieci perle del principe della risata
Lo scorso 16 marzo Joseph Levitch ha compiuto 85 anni. Il mondo lo conosce come Jerry Lewis ovverosia uno dei più grandi comici viventi. Ebreo di Newark, la cittadina del New Jersey che sette anni dopo darà i natali allo scrittore Philip Roth, Lewis è una sorta di oggetto attoriale incatalogabile. Spesso ascritto a sproposito al florido filone della comicità degli ebrei statunitensi non ne ha quelle che sono le peculiarità. Come accostare all’ironia cerebrale e verbosa di Woody Allen la sua comicità basata sulla deformazione del corpo e del volto, su di un’espressività facciale e su di un fluidità dell’espressione corporea uniche e irripetibili? Certo nel suo slapstick c’è molto Charlie Chaplin e moltissimo Stan Laurel che fu a lungo suo nume tutelare ma Lewis è davvero unico, con il suo talento animalesco e istintivo, con le sue geniali trovate moltiplicate quando diventa regista, occupando con eguale efficacia lo spazio dietro e davanti la macchina da presa.
Già il fatto che il cinema Massimo abbia deciso di dedicargli una retrospettiva la dice lunga sulla sua importanza nella storia del cinema. Raramente il Museo del cinema – e lo stesso accade nell’editoria del settore – sceglie di concentrare la propria attenzione su di un attore. Dall’11 al 24 luglio verranno proiettati Artisti e modelle, Il delinquente delicato, Il ponticello sul fiume dei guai, Il cenerentolo, Ragazzo tuttofare, Il mattatore di Hollywood, Le folli notti del dottor Jerryl, I 7 magnifici Jerry, Jerry 8 e ¾ e Pazzi, pupe e pillole.
Ma una presenza ingombrante, straripante come quella di Lewis diventa – che lui sia o non sia il regista – immediatamente co-autrice del film. Perché un “animale” da macchina da presa come lui va lasciato libero di improvvisare, rompere gli schemi, sperimentare. Di lui Jean Luc Godard, regista che non era secondo a nessuno quanto a sperimentazione, disse un giorno: “Jerry Lewis è l’unico regista americano al giorno d’oggi, che cerca di sperimentare qualcosa di nuovo e originale nei propri film; è molto meglio di Chaplin e Keaton”. Dopo Lewis non c’è più stato nessuno come Lewis. Gli altri grandi comici ebrei – Woody Allen, Mel Brooks e Gene Wilder – hanno battuto altre strade. Se qualcuno gli si può affiancare questo è sicuramente il John Belushi a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, quello che monopolizzava lo schermo con la sua fisicità intrinsecamente comica. Animal house, 1941: Allarme a Hollywood e The Blues Brothers lo vedono incarnare personaggi che avrebbero potuto essere di Lewis. Nel cinema di oggi il suo “nipote” più prossimo è senza dubbio Jack Black ma stiamo parlando di attori. Jerry Lewis era qualcosa di più, un attore che occupa lo schermo in maniera così ingombrante da diventare il co-autore del film che sta girando.
Per info sul programma dei film: www.museocinema.it
Iscrivi al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese