Cronaca
Gli ambulanti e Fritz Bolkestein: alla scoperta di una legge europea supercontestata
L’uomo più ricercato dagli ambulanti italiani si chiama Fritz ed è un politico olandese di 78 anni, liberale. È a lui che l’Europa deve la contestatissima (da alcuni settori) direttiva sulla libera circolazione dei servizi nota come Bolkestein (il suo cognome). Giovedì è stata l’ennesima giornata di mobilitazione (dopo le proteste dell’anno scorso) degli ambulanti torinesi contro la direttiva 2006/123/CE, che con la decadenza della licenza di vendita dopo dieci anni sarebbe, secondo gli operatori, la fine del settore (diventando una sorta di anno zero per i commercianti, con la messa al bando della concessione). Con il recepimento della Bolkestein, infatti, le licenze per il commercio ambulante non saranno più un’esclusiva delle imprese familiari, come accade oggi, ma potranno essere rilasciate anche alle Spa e alle Srl con il conseguente ingresso sul mercato della grande distribuzione (art.16). Ciò porterà in teoria a dei vantaggi per i consumatori, ma non certo per i piccoli commercianti, che temono di finire schiacciati dalla concorrenza dei big della distribuzione.
STORIA DELLA DIRETTIVA. La Bolkestein è stata presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2004, ma è stata definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, emendata rispetto alla proposta originaria, il 12 dicembre 2006. L’obiettivo è quello di facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione europea, perché, a detta di molti economisti la loro liberalizzazione aumenterebbe l’occupazione ed il Pil dell’intera Europa. Tralasciando la prima versione della direttiva, fortemente osteggiata dai partiti di sinistra e portatrice dello spauracchio dell’idraulico polacco, concentriamoci sul testo emendato nel 2006.
La nuova direttiva distingue tra “l’accesso ai mercati europei, che deve essere il più possibile libero, dall’esercizio delle attività, che devono essere quelle del paese di destinazione per non interferire con gli equilibri dei mercati locali”. In questa versione, rispetto alla prima, vengono esplicitate numerose eccezioni prima ambigue, come il fatto che la direttiva si riferisce ai settori già privatizzati o come l’esclusione dei servizi di interesse generale forniti dallo Stato. Viene inoltre ribaltato l’obbligo di controllo sulle attività di prestazione temporanea di servizi: nella versione originale era riservato allo stato di origine del lavoratore, ora è lo stato di destinazione a garantire il rispetto del proprio diritto nazionale. Ciò non toglie che, se vorranno, le catene della grande distribuzione potranno partecipare ai bandi per la vendita delle nuove licenze: e questo è proprio quello che gli ambulanti torinesi non vogliono.
LA PROTESTA DEGLI AMBULANTI. Tutto ciò ovviamente non ha placato le ire degli ambulanti torinesi (tra i più attivi in Italia, per ovvi motivi): martedì sono scesi in strada bloccando la tangenziale, mercoledì hanno inscenato una nuova protesta per le vie di Torino, giovedì sono arrivati fin sotto la Gran Madre. Chiedono lo stop alla Bolkestein, attaccano Cota, che aveva promesso miracoli in campagna elettorale e ora cerca di accontentare gli ambulanti delusi: “Per risolvere questo problema bisogna che l’Europa chiarisca che le aree mercatali non rientrano nell’applicazione della direttiva Bolkestein – ha dichiarato il presidente – Finchè non sarà raggiunto questo risultato, però, occorre che questi lavoratori abbiano una tutela. Ed è per questo che abbiamo presentato una proposta di legge regionale, che è stata approvata dalla commissione, che aumenti i tempi di durata delle licenze così da impedire che la direttiva Bolkestein possa con i suoi effetti travolgere le licenze dei nostri ambulanti”. Sarà. Per adesso, a trionfare, è l’impotenza dei commercianti torinesi: “Non siamo santi, nè diavoli, siamo solo ambulanti che lottano per il proprio lavoro”.
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