Cronaca
‘Ndrangheta, questione di metodo. L’infiltrazione nel tessuto economico-politico
E’ l’infiltrazione nell’economia legale il principale motivo della presenza della criminalità organizzata, e della ‘ndrangheta in particolare, nel nord Italia. Si tratta di una presenta ultra-trentennale se già negli anni Settanta la Commissione antimafia rilevava in Val di Susa la presenza di imprese “sporche” collegate al clan Mazzaferro. Cosa ci facevano? Quello che sanno fare meglio: inserirsi nelle gare d’appalto, pilotandole a proprio favore grazie a sponde politiche. In quegli anni i Mazzaferro erano impegnate a inserirsi nella costruzione dell’autostrada del Frejus.
Il modus operandi è sempre lo stesso, oggi come allora: attraverso il ricorso a prestanome, prevalentemente nel settore edile, la ‘ndrangheta entra nelle opere di costruzione finanziando iniziative anche di grande portata con i proventi di attività criminali. I prestanome, le società collegate, la costruzione di ingegnose scatole cinesi, mettono al riparo le ‘ndrine dall’eccessiva visibilità. Così nascoste s’infiltrano sempre più nel tessuto economico, trovando connivenze nell’imprenditoria locale che pur di accaparrarsi appalti e lavori è disposta a “smezzare” con i clan. Peccato che poi non si tratta di dividere la posta, poiché le cosche si mangiano tutto, decidendo quali aziende lavorano e dove, pianificando il mercato al loro interesse ed elimnando la concorrenza pulita.Un’eliminazione non violenta: basta portare gli imprenditori onesti sul lastrico condizionando appalti e subappalti con l’appoggio di una politica comprata con lo scambio di voti.
Così soffocati gli imprenditori locali prefriscono, prima del fallimento, l’aiuto dei boss. E il giro ricomincia. Eppure gli imprenditori non sono vittime, bensì essi stessi attori della scena criminale che, introiettando il modello mafioso, fanno di tutto per eliminare la concorrenza pulita con l’aiuto di “uomini d’onore”. Oggi l’infiltrazione nel tessuto economico-politico del nord è tale da aver assunto forme di pieno controllo del territorio. Le operazioni in Lombardia e Liguria lo testimoniamo. Anche il Piemonte, però, non può certo dirsi un’isola felice.
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