Economia
Istat: “Un italiano su quattro è a rischio povertà”. Ma cresce la fiducia dei consumatori
Un decennio di economia praticamente ferma e la dura recessione del 2009 lasciano il segno sulla società italiana. Cresce la disoccupazione, si ingrossano le fila dell’esercito degli scoraggiati che non cercano neanche più lavoro, scende il risparmio e si acuisce la bassa qualità del lavoro femminile. Dal rapporto annuale dell’Istat emerge un quadro non proprio roseo della macchina Italia. Il dato più inquietante? Un italiano su quattro è a rischio povertà. Ma non tutti i numeri sono negativi. Anche se in pochi se ne sono accorti, c’è un dato – sempre pubblicato oggi, interessante e da comprendere meglio: a maggio 2011, sempre secondo l’Istat, l’indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta a 106,5 dal 103,7 di aprile.
UN PAESE POVERO. In Italia il 24,7% della popolazione è a rischio di povertà o di esclusione, un valore più elevato della media europea (23,1%). Il deterioramento è determinato soprattutto dalla situazione al Sud. L’Istat indica che nelle regioni meridionali, dove risiede circa un terzo della popolazione nazionale, vive il 57 per cento delle persone a rischio (o in una condizione di disagio): le situazioni più gravi si riscontrano in Sicilia (39,9 per cento dei residenti), in Calabria e in Campania.
IL DIVARIO NORD-SUD. La crisi economica, gli irrisolti problemi strutturali non pesano in modo uniforme sul paese. Il mercato del lavoro è più debole ed è minore la qualità dell’occupazione (nel biennio 2009-2010 gli occupati sono scesi di 532 mila unità, di cui più della metà nel Mezzogiorno). Ritenere di non riuscire a trovare un impiego e attendere gli esiti di passate azioni di ricerca sono state le principali ragioni che hanno indotto a non cercare lavoro: nel 2010 questi motivi hanno interessato circa 2 milioni di persone, una cifra vicina a quella dello stock dei disoccupati.
I GIOVANI. Il blocco di fatto del turnover nel mondo del lavoro si riflette soprattutto sui giovani. L’anno scorso sono stati oltre 2,1 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione. Essi rappresentano il 22,1% della popolazione nella stessa fascia di età (20,5% nel 2009).
LE DONNE. Anche per le donne la situazione è tutt’altro che rosea: nel 2010 infatti la loro occupazione rimane stabile, ma peggiora la qualità del loro lavoro. E’ scesa l’occupazione qualificata, tecnica e operaia ed è aumentata soprattutto quella non qualificata. Un secondo fattore di peggioramento è dato dalla crescita del part-time (+104 mila unità rispetto all’anno prima) quasi interamente involontaria. Infine, crescono le donne sovraistruite, quelle con un lavoro che richiede una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta. Nel 2010 permane poi la disparità salariale con gli uomini (20% in meno) e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro continua a essere molto più bassa in Italia rispetto all’Europa: nel 2010 il tasso femminile di occupazione si e’ attestato al 46,1%, 12 punti percentuali in meno di quello medio europeo. L’Istat rileva anche un dato allarmante sul fronte del rapporto delle donne con il lavoro: nel 2008-2009, infatti, circa 800mila madri hanno dichiarato che nel corso della loro vita lavorativa sono state licenziate o messe in condizioni di doversi dimettere in occasione o a seguito di una gravidanza.
I SEGNALI POSITIVI. A maggio 2011 – come detto – l’indice del clima di fiducia dei consumatori è comunque aumentato a 106,5 da 103,7 di aprile. Migliorano, in particolare, giudizi e previsioni sulla situazione economica del paese e aspettative sull’evoluzione del mercato del lavoro.Il miglioramento della fiducia è diffuso, anche se con diversa intensità, a tutto il territorio nazionale: l’aumento è particolarmente marcato nel Nord-est e nel Centro, più moderato nel Nord-ovest e, soprattutto, nel Mezzogiorno.
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