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Cultura

“Il Piemontese in tasca”: la grammatica del nostro dialetto che si legge anche in Argentina

Redazione Quotidiano Piemontese

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“Cerea, monsù, coma ch’a sta?” (“Buongiorno, signore, come sta?”). “Come ‘t ës –ciame?” (“Come ti chiami?”). “Mi im ciamo Catlin-a” (“Io mi chiamo Caterina”). “Coma ch’as ciamo ij tò amis?” (“Come si chiamano i tuoi amici”?) e via di seguito con le presentazioni. Poi si passa di livello: la famiglia, che ora è, le stagioni, l’abbigliamento. Insomma, guardando l’indice sembra di avere tra le mani il libro di preparazione al P.e.t (il Preliminary English test della Cambridge University, stile “the cat is on the table”, tanto per intenderci). Solo che “cerea” sta al posto di “how do you do” e “a l’è eut ore ‘d sèira” rimpiazza il compassato “It’s eight o’ clock p.m.”.

Da un punto di vista strettamente linguistico, non esistono differenze tra un dialetto e un idioma nazionale: anche il piemontese (dotato, come ogni lingua, di una sua grammatica) si può imparare sui libri. L’idea forse farebbe sorridere le nostre nonne (che sui libri hanno imparato l’italiano), ma in questi tempi di oblio, un tascabile dedicato al dialetto è più utile di quanto si possa credere. La casa editrice Assimil Italia ha pubblicato Il piemontese in tasca, un compendio di grammatica, lessico e frasi pronte per l’uso, fatto con intelligenza, ironia e con un tocco di buon senso tutto subalpino. Gli autori sono Mauro Tosco (professore di linguistica all’università di Torino), Vera Bertolino (che ha ricevuto dalla Regione l’incarico di insegnare il piemontese nelle scuole) e Francesco Rubat Borel  (docente di archeologia all’università di Padova e profondo conoscitore della cultura della nostra Regione).

L’Italia è terra di città, paesi, borghi e campanilismi di ogni sorta. Così, quando si tratta di dialetti, ciascuno ha una bandierina da sventolare. Probabilmente un Torinese dirà che la sua lingua è diversissima da quella di contadino della Granda, un Astigiano si offenderà nell’essere confuso con un Alessandrino e così via. Va bene, ma mettiamoci d’accordo: coi particolarismi non si fa molta strada. Descrivere vuol dire, necessariamente, astrarre. Il manuale (poco più di duecento pagine, piccolo formato, come suggerisce il titolo) è una bella panoramica sul Piemonte e sui suoi abitatori. Interessante per “esploratori” ed “etnologi”, molto più divertente per gli “indigeni” (che forse, sfogliando le pagine, si lasceranno sfuggire quale “parla-pà”). Un po’ Cambridge, un po’ Lonely Planet (la guida degli avventurosi) il libro non si limita all’aspetto linguistico, ma cerca di offrire al lettore qualche curiosità culturale: modi di dire (mach doi ghërsin e n’oca”), cenni gastronomici (“ël bagnet verd”) e perfino una breve descrizione della specie homo pedemontanus: “i Piemontesi sono riservati: a loro non piace parlare di sé e ancora meno gradiscono ricevere complimenti, forse perché si sentirebbero in obbligo di ricambiarli e non sono sempre ben convinti che gli altri se li meritino… ma quel che è peggio, è che non sono convinti di meritarseli neppure loro stessi”.

Fa un certo effetto constatare che il riservato piemontese (idioma romanzo della famiglia galloitalica, direbbe un linguista) si è un guadagnato un posto di tutto rispetto in ambito internazionale. Assimil (casa madre francese, sede italiana a Chivasso) dedica manuali di apprendimento alle lingue più impensabili, dal basco all’armeno, dal creolo alla yiddish, dal wolof allo zulu. Negli ultimi anni l’editore ha pensato di investire anche su dialetti e lingue regionali. Così in Italia, a partire dal 2006 sono spuntati, oltre al manuale piemontese (che ha incontrato un particolare successo), Il friulano in tasca e Il genovese in tasca. “Con circa 1.000 copie vendute ogni anno – spiega Paolo Petrini, Assimil Italia – Il piemontese in tasca è quasi il nostro bestseller. Ovviamente la diffusione è limitata all’ambito regionale, ma non bisogna dimenticare le comunità di Piemontesi che vivono in altre parti d’Italia e all’estero. Ad esempio, abbiamo avuto diverse richieste dall’Argentina”.

Foto: Christian Gehrig

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