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Cultura

Salone del Libro. Come nascono i fenomeni culturali globali, il mainstream secondo Martel

Davide Mazzocco

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Come vengono creati i nuovi fenomeni culturali globali? Per rispondere a questa domanda lo studioso francese Frédéric Martel ha viaggiato per cinque continenti intervistando chi questi fenomeni li crea e li distribuisce, chi li impone a livello globale attraverso oculate strategie di marketing. È nato così Mainstream, il saggio edito da Feltrinelli che è stato presentato questo pomeriggio al pubblico del Salone Internazionale del Libro e che fornisce uno sguardo nuovo su quella che viene molto facilmente liquidata come cultura di massa.

“Generalmente ricercatori e giornalisti si concentrano su aspetti dei quali nessuno parla, io, invece, ho deciso di  parlare di un qualcosa che tutti noi abbiamo sotto gli occhi ma che molto raramente viene analizzato: perché Lady Gaga e Spiderman hanno così tanta presa sul pubblico? Quel che va detto è che se la cultura mainstream fosse così facile da produrre allora la faremmo tutti e saremmo tutti molto ricchi. Il meccanismo che regola i fenomeni globali, invece, è molto più articolato e complesso di quanto si possa pensare” ha spiegato Martel sottolineando come al mainstream non siano ascrivibili solamente le produzioni statunitensi come i film di Batman, di Spiderman o della Pixar ma tutto ciò che esce dal mercato nazionale per invadere quello globale quindi anche le pellicole di Bollywood, le telenovelas sudamericane, i romanzi ramadan o i manga giapponesi. Quindi, se è vero che gli Stati Uniti rivestono un ruolo molto importante in questo settore è altrettanto vero che, al giorno d’oggi, hanno perso la posizione monopolistica di qualche decennio or sono. La digitalizzazione della produzione culturale ha favorito la globalizzazione dei contenuti musicali, cinematografici e artistici: “Oggi un blockbuster americano esce contemporaneamente in 120 paesi. Una volta ci volevano mesi perché le copie attraversassero l’Oceano e arrivassero alle nostre dogane dove, magari, venivano fermati per qualche settimana. Ora in alcune multisale ci sono diverse proiezioni della stessa pellicola  che cominciano a un quarto d’ora l’una dall’altra: andare al cinema è come prendere la metropolitana”. I prodotti culturali pensati per il mercato globale ricercano minimi comuni denominatori ad ampio raggio, in grado di arrivare a un pubblico di massa ma Martel invita a guardarli senza lo snobismo tipico della critica asserragliata nella propria torre d’avorio: “I cartoon della Pixar, Batman, i manga o le serie tv americane sono prodotti di qualità. La dialettica alto-basso è una categoria molto europea che si sta affievolendo. Io sono nato come critico ma l’idea di un consiglio che piove dall’alto a illuminare le masse sulla bontà di un prodotto culturale non mi è mai piaciuta. La critica pura non esiste ma è spesso contaminata dall’amicizia, dall’elitismo, dal tornaconto economico e, persino, dall’ambizione di accedere a un determinato status socio-culturale. Se, al contrario, si lascia al mercato il compito di giudicare la bontà di un’opera si corre il rischio di una progressiva omologazione”. La via più sensata – secondo Martel – è quella di un compromesso fra la rigidità dell’elitarismo e l’eccessiva apertura al mainstream. “Facebook, Twitter e i blog – continua l’autore – hanno ampliato la possibilità di ognuno di noi di giudicare e di definire gerarchie di valore. Se andiamo in qualsiasi periferia di una grande metropoli e chiediamo a un ragazzo un giudizio su Eminem, Usher, Kayne West e Jay-Z la critica sarà sorprendentemente ricca di spunti. Un grande errore che anche la sinistra compie è quello di ritenere le masse incapaci di giudicare. E questo discorso vale anche per la politica”. Ma Martel invita comunque a prendere coscienza dei meccanismi che creano i fenomeni culturali globali affinché ogni cultura nazionale possa posizionarsi dignitosamente nella geopolitica dell’entertainment continuando a garantire una pluralità di voci. E affinché andare al cinema non assomigli sempre di più a prendere la metropolitana.

 

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