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Sindacato: una storia italiana, convegno alle Ogr

Redazione Quotidiano Piemontese

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Le associazioni dei lavoratori sono stati nell’Italia contemporanea un serbatoio di democrazia, anche nei periodi più bui e difficili lungo l’itinerario dei 150 anni dell’unità nazionale. Il sindacato dalla sua genesi negli anni del primo sviluppo industriale e le trasformazioni del mondo rurale fino alla conquista dei diritti, con leggi e costituzioni, documenti e accordi nell’Italia del Novecento, fanno parte a tutto tondo di questa storia virtuosa della nazione.

Nell’ambito delle manifestazioni legate al cento cinquantenario, la Cisl ha organizzato un convegno di studi, nella sala duomo delle Ogr attigua alla mostra “Fare gli italiani” , al quale hanno partecipato lavoratori e sindacalisti. I presenti hanno potuto ascoltare due corpose relazioni presentate da Giovanni Avonto, presidente della Fondazione Vera Nocentini e  Stefano Musso, docente dell’Università di Torino ed esperto di storia del sindacato in Italia, introdotti da Nanni Tosco, segretario della Cisl di Torino.

Un’esplorazione delle organizzazioni del lavoro nella costruzione dell’Unità d’Italia, perché non sempre si è trattato di realtà propriamente sindacali (per esempio nella seconda metà dell’800 e nel ventennio fascista). In 150 anni ci sono stati due mondi politici e culturali che producono il soggetto sindacale: la tradizione socialista e quella cattolica. Ma la storia scritta e insegnata, per tutto il lungo periodo che precede la fase conclusiva della 2a guerra mondiale, presenta una quasi impossibilità di separare o di rendere autonoma la storia dell’esperienza sindacale, se non guardando unicamente alcuni aspetti organizzativi, da quella politica. Avonto ha ripercorso gli anni difficili dall’Unità (1861) e fino alla Prima guerra mondiale 1918. In cui lo scontro ideologico da un lato, la nascita delle società di mutuo soccorso e delle prime aggregazioni dei lavoratori si scontravano con un modello di capitalismo selvaggio, senza regole e leggi e una condizione operai senza diritti e tutele. Da un lato il movimento socialista e dall’altro il movimento cattolico, ognuno per la sua parte e con principi a volte analoghi altre volte difformi assunsero la guida dei primi scioperi, le lotte operaie, del proletariato urbano e industriale e del movimento rurale e contadino portando ad una sempre maggiore emancipazione dei lavoratori. La nascita delle Camere del Lavoro, la forma ma anche le divisioni del movimento socialita (riformisti, contro massimalisti e anarco-sindacalisti) e l’evoluzione del movimento cattolico anche in senso sindacale portò alla formazione della confederazione dei lavoratori. Il confronto e spesso lo scontro con il potere politico liberale durò per molti decenni fino all’avvento del fascismo, che sopresse ogni libertà politica e sindacale, con la nascita delle coorporazioni. Avonto ha concluso il suo intervento ricordano il ruolo dei sindacalisti antifascisti per la rinascita della libertà, la lotta di liberazione (l’occupazione delle fabbriche del 1943) e la stesura del progetto di rinascita sindacale attraverso, in particolare, all’ opera del socialista Bruno Buozzi, artefice del Patto di Roma del 1944, ucciso dai nazifascisti prima che venisse alla luce. Il progetto di unificare le varie anime del Cln in chiave sindacale fu raggiunto grazie all’accordo tra gli esponenti sindacali dei partiti comunista, democristiano e socialista Giuseppe Di Vittorio, Achille Grandi e Bruno Buozzi che portò alla nascita della nuova Cgil unitaria, che precedette la fine del fascismo, la Liberazione e la nascita della Repubblica democratica.

Nella seconda relazione il prof. Stefano Musso ha invece ripercorso con grande efficacia e precisione, i tratti essenziali delle vicende del movimento sindacale italiano, nelle sue componenti più rappresentative, la fine dell’unità con la nascita della Cisl e le diverse posizioni sul tema dello sviluppo, della produttività, la piena occupazione, lo sciopero politico, e i contratti nazionali e di secondo livello. Una disamina che ha condotto rimarcando le grandi fratture dell’Italia Repubblica: Il piano Marshall, lo scontro ideologico del 1948, la Guerra Fredda, il boom economico, e lo sviluppo impetuoso dell’economia, le partecipazioni statali, i cambiamenti degli anni Sessanta, con il concilio vaticano II nella chiesa cattolica, il sessantotto, l’autunno caldo e le conquiste legislative tra le quali lo Statuto dei lavoratori. Senza dimenticare la lotta al terrorismo, e le ferite aperte da un contrasto tra Cgil e Cisl e Uil che ripetutamente si ricomposto, per poi tornare nuovamente su temi come la scala mobile, la concertazione e i contratti di secondo livello. Il giudizio complessivo sul sindacato in Italia è stato che, nonostante le conquiste e i grandi uomini che l’hanno guidato, e i milioni di lavoratori che vi hanno aderito, il movimento per troppo tempo, anche per una evidente mancanza di cultura politico-economica della controparte confindustriale, è stato troppo politicizzato, perdendo quindi la possibilità di seguire modelli di riformismo e collaborazione con le aziende come invece è accaduto in altri paesi dell’Europa occidentale.

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