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L’Europa dà torto alla Gelmini: i precari della scuola sono discriminati

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Si fanno chiamare docenti invisibili. Sono i precari di III fascia, ovvero tutti quei professori che fanno i professori senza avere nessuna abilitazione (anche se, per legge, ne hanno pieni diritti). Per difenderli è addirittura nato – nel novembre del 2009 – un ente legalmente riconosciuto, l’Adida (Associazione docenti invisibili da abilitare). Ora in loro soccorso è arrivata anche l’Europa, che rispondendo a un quesito formulato da un legale italiano, ha confermato la discriminazione che il decreto Gelmini attua nei confronti dei troppi precari della scuola.

I PRECARI CONTRO LA RIFORMA. “Sono abilitati all’insegnamento tutti i diplomati di Istituto Magistrale entro il 2002. Ciò è ribadito chiaramente dal decreto interministeriale 10 marzo 1997, dal decreto legge 297/1994 e dal dpr 323/1998. Ai sensi della direttiva europea 36/05 è abilitato alla professione chiunque abbia un titolo valido allo svolgimento della stessa e almeno tre anni di esperienza lavorativa alle spalle”. Così l’Adida motiva le critiche fortissime al ministro e alle scelte del governo: “A distanza di quattro anni, ancora si parla di precari non abilitati, categoria di docenti che di fatto non esiste, perché sono tutti abilitati, e si obbligano così 40mila persone – con l’emanazione del decreto sulla formazione iniziale dei docenti – a seguire un vero percorso a ostacoli al fine di conseguire un’abilitazione che di fatto già dovrebbero avere”. Oltre al danno la beffa: “All’art. 15 comma 3 viene ribadito infatti che solo i titoli di cui al comma 1 manterranno la validità per l’inserimento nella III fascia delle graduatorie d’istituto, quelle dei non abilitati per intenderci, invalidando quindi buona parte delle lauree e diplomi di tutti quei soggetti non inclusi in tale definizione”.

LE RISPOSTE DELL’EUROPA. In soccorso dei precari, dicevamo, è arrivata Bruxelles. La Commissione europea ha infatti chiesto a Roma di “porre fine alle regole discriminanti in base alle quali gli insegnanti che detengono qualifiche ottenute in Italia ricevono punti addizionali all’atto di determinare la loro graduatoria nelle liste di riserva per i posti di insegnamento”. Le regole attualmente in vigore vengono così definite “discriminatorie poiché vanno entrambe a detrimento di lavoratori di altri Stati membri”. L’Italia ha due mesi di tempo per allineare alla normativa dell’Ue la legislazione che riguarda i due ambiti in questione. In caso contrario, la Commissione può decidere di deferirla alla Corte di giustizia.

GLI ULTIMI TAGLI. Come se non bastassero le ramanzine europee, ancora una volta sarà la scuola a fare sacrifici per sanare il deficit pubblico. Così almeno la pensa Giulio Tremonti: nel Documento di economia e finanza approvato qualche giorno fa dal consiglio dei ministri, infatti,  sono in programma per il prossimo triennio tagli di spesa per 35 miliardi di euro, e di questi 13 peseranno sul sistema dell’istruzione. Ma c’è di più: è in dirittura d’arrivo un’altra operazione da 8 miliardi di euro che entro quest’anno porterà a un taglio di 135mila posti degli organici degli operatori scolastici. Ma se, come ha ribadito di recente la Gelmini, non ci sarà nessun taglio, come farà il ministro dell’Economia a recuperare quei 4 miliardi di euro all’anno di cui parla? “Non è ancora chiaro – commenta il sindacalista della Cgil scuola Pippo Frisone – ma se non sono tagli di organico, da qualche altra parte questi risparmi dovranno arrivare. E allora forse non resterà che intervenire sugli stipendi degli insegnanti, ribadendo il blocco degli aumenti di carriera”.

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