Economia
La Gelmini taglia ancora: in Piemonte 1466 cattedre in meno
Il prossimo anno le scuole medie del Piemonte dovranno fare a meno di 65 professori. Detta così, sembra una cifra ragionevole, visti e considerati i tagli ben più ampi che la riforma Gelmini (Tremonti) opera in altri settori. Il problema sorge quando a quella sottrazione si somma un aumento considerevole (già dall’anno prossimo) degli studenti. E così succede che il divario tra le richieste di docenti dei vari istituti e quanto è stato loro assegnato risulta essere di oltre 500 posti. Se “il merito” di questi tagli non è del tutto imputabile al ministro Gelmini e alla legge 103/08, lo si deve all’odierno sindaco di Milano: fu Letizia Moratti, infatti, a istituire ufficialmente nel 2004 la possibilità di anticipare l’iscrizione alle elementari per i bambini che avessero compiuto cinque anni e quattro mesi. Così è successo che tra il 2007 e l’anno in corso la quantità di studenti piemontesi nelle secondarie di primo grado è cresciuta di 7mila unità (da 105 mila a 112 mila). Ciò significa che l’anno prossimo il Piemonte dovrà accogliere quasi 1700 ragazzi in più con 65 professori in meno. In particolare Torino avrà 26 cattedre in meno, Cuneo 11, le altre province tra 4 e 6.
I DOCENTI IN MENO E I FONDI EUROPEI. I posti da tagliare in Piemonte, secondo quanto previsto inizialmente dalla legge Gelmini, toccavano quota 1237. Ora scopriamo che saranno 229 in più (1466 in tutto): meno 796 nella scuola primaria, meno 65 (come detto) nella secondaria di I grado, meno 605 nella secondaria di II grado. Non si hanno ancora notizie certe del taglio di personale Ata (non docente), ma le previsioni di attuazione della Finanziaria, secondo la Flc-Cgil, “non lasciano speranza”: saranno quasi 1000 i posti in meno (soprattutto collaboratori scolastici).
Tutto ciò mentre il ministero non sa (o non vuole) spendere i 6,2 miliardi (pari al costo annuale dell’intera università italiana) che l’Europa ci offre chiedendoci di investirli nel futuro: stiamo parlando dei fondi Pon (Programma operativo nazionale) su Ricerca e competitività, i più grandi tra i fondi strutturali Ue, previsti per l’arco temporale 2007-2013. Soldi che Bruxelles ci chiede di destinare a ricerca e sviluppo (e di conseguenza all’istruzione) in quattro regioni a reddito basso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Il problema è che gli impegni di spesa sono partiti solo nel 2009 e le percentuali dei fondi utilizzati finora sono residuali.
SCONTRO GELMINI-BORGOGNO. ”Il ministro dell’Istruzione sembra ignorare che praticamente tutte le scuole sono oggi costrette a chiedere contributi alle famiglie per il funzionamento degli istituti e dell’attività didattica, proprio per effetto dei tagli provocati dalla riforma che lei stessa ha varato”. Parole di Beppe Borgogno, assessore ai Servizi educativi del Comune di Torino, in risposta alle affermazioni della Gelmini in merito alla vicenda della scuola elementare Roberto D’Azeglio di Torino. Un istituto dove la preside è stata costretta – per carenza di fondi – a chiedere un contributo di 50 euro ai genitori dei bambini per garantire lo svolgimento di alcune attività didattiche.
Secondo il ministro, infatti, la richiesta di soldi “è una forma per criticarci, per far passare il messaggio che noi affamiamo la scuola”. La verità, secondo la titolare del Miur, è che “le risorse ci sono e sono sufficienti”, e se proprio si deve dare la colpa a qualcuno meglio prendersela con i presidi e con i precedenti governi: “Alcuni dirigenti scolastici sanno amministrare bene, altri no e cercano di incolpare noi per le mancanze. La storia dei tagli all’istruzione inizia nel 2007 quando il ministro dell’allora governo Prodi era Fioroni”. Parole che non hanno convinto l’assessore Borgogno: “Ogni istituto ha oggi meno risorse che in passato per sostenere le attività didattiche e le scarse risorse che le scuole hanno ricevuto di recente non compensano la mancata erogazione di fondi degli ultimi due anni”. “In questi anni gli enti locali – ha detto Borgogno – sono dovuti intervenire per cercare di tamponare una situazione sempre più difficile. Torino, ad esempio, spende ogni anno, oltre ai compiti che le vengono assegnati, circa 20 milioni di euro a sostegno del sistema scolastico”.
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