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Cultura

Silver e cosplay, al Torino Comics sale la febbre da fumetto (fotogallery)

Davide Mazzocco

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Lupin e Giggen, parenti stretti di Frankenstein, pirati dei Caraibi, Dylan Dog, giovani lolite da manga, detective da noir, dark ladies alabardate, robottoni da Star Wars, una mezza dozzina di Lara Croft, centurioni da guerra post atomica e anche un povero derelitto in gabbia urlante causa trauma cranico. Questo il pubblico che si aggirava per il padiglione uno di Lingotto Fiere oggi pomeriggio. Al Torino Comics era il giorno della sfilata libera di cosplay ovverosia della recente mania scoppiata in Italia fra gli appassionati di fumetti, videogiochi e film. “In Italia – spiega l’editore Nicola Pesce che pubblica la rivista Cosplay, punto di riferimento del movimento italiano – i cosplayer sono 10.000 e si radunano in eventi particolari come questo. Nonostante il movimento sia agli albori ai raduni romani arriviamo sino a 5.000 presenze”. Torino non vanta simili cifre ma in questa Halloween agli antipodi del calendario le presenze sono state comunque nell’ordine delle migliaia: “I personaggi dei fumetti e dei videogiochi vengono interpretati riproponendo gesti e scene celebri ma anche creando nuove situazioni”. In Giappone questo movimento si è diffuso viralmente e a oggi ben 10 magazine nipponici si occupano del fenomeno.

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Da piccolo evento di nicchia Torino Comics – pur mantenendo come core business il fumetto con stand di editori, librerie, distributori e collezionisti che operano nel settore – si è allargato anche ad altri settori diventando il punto di riferimento per i cosplayer, per gli appassionati di giochi di ruolo e per i cinefili che conoscono a memoria le grandi saghe fantasy e fantascientifiche. Numerosi sono gli stand dedicati a Star Wars ma non mancano quelli di Star Trek e di Battlestar Galactica e guai a dire a voce alta che uno è meglio dell’altro perché si rischia un fendente (di spada laser ovviamente) nella schiena. Cosa non si fa per passione: anche mettersi un casco da robottone galattico con 28 gradi celsius all’ombra.

Fra gli stand giovani matite disegnano dal vivo. Nella sala conferenze a tenere banco è una delle due star di quest’edizione, Silver. Il disegnatore racconta la sua storia con grande umiltà: “Quando ho iniziato a disegnare Lupo Alberto avevo 22 anni. Da allora di anni ne sono passati 35 ed io quasi non me ne sono accorto. Agli esordi mi era facile identificarmi in Lupo Alberto, quel 25enne scapestrato che rifuggiva dal matrimonio, poi mi sono sposato e ho fatto cinque figli e ora mi è più semplice immedesimarmi in quel cialtrone di Enrico la talpa”.  I personaggi restano gli stessi ma gli autori cambiano: “Lupo Alberto si è un po’ imbolsito. Le vignette degli anni ’70 erano più rozze stilisticamente ma possiedono freschezza, idee e vivacità che sono qualità difficili da ricreare dopo così tanto tempo”. La caustica ironia di Silver non risparmia neanche il merchandising: “Vedere lo show room di tutto il merchandising che è stato prodotto con il mio personaggio mi procura un senso di nausea. È come trovarsi a tavola, a cena con i propri fratelli dopo averli visti tutto il giorno…” Professione e mestiere si intrecciano e Silver continua: “A vent’anni si possiede una leggerezza che è difficile conservare alla mia età. Io sono stato fortunato perché nella mia vita non ho mai dovuto far fronte a gravi disgrazie ma conosco molti colleghi che hanno dovuto continuare a fare gli umoristi nonostante gravi problemi famigliari”. Talento e umiltà, non a caso Silver è uno delle matite più celebri degli ultimi quattro decenni. Anche grazie a quel lupo che, a differenza del suo papà, non ha ancora imparato a prendersi le proprie responsabilità: “Perché a volte i personaggi si muovono da soli. E io quando disegno non devo far altro che calarmi nel loro mondo e iniziare ad ascoltare i loro discorsi”.

 

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