Cultura
Da La Strada al Padrino: il concerto dell’Orchestra Rai per ricordare Nino Rota
Basta dire “E’ arrivato Zampanò”. Basta dire circo dei poveri in un’Italia contadina che oggi ci sembra lontana anni luce, ma che è esistita. Servono pochi indizi per identificare La Strada, il capolavoro felliniano con Giulietta Masina, un “clown naturale”, come il regista la definiva, ed Anthony Quinn nei panni di un brutale saltimbanco. Questa storia straziante e tenera, che vinse l’Oscar per il miglior film straniero, non sarebbe la stessa senza il tema della tromba, un filo conduttore che attraversa tutto il racconto e che a volte diventa quasi la voce della protagonista. La musica è frutto della genialità di Nino Rota, compositore cui l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha voluto dedicare un’intera serata, in occasione del centenario della nascita.
Il concerto, prodotto in collaborazione col Museo del Cinema, ha proposto al pubblico una passeggiata tra le celebri colonne sonore di Rota. C’erano, ovviamente, le collaborazioni con Fellini: La Strada, appunto, ma anche Le notti di Cabiria e La dolce vita. Poi Giulietta e Romeo di Zeffirelli e infine Il padrino, una musica che ormai è diventata quasi gesto fisico, familiare in tutto il mondo. Sono sufficienti poche note perché le immagini prendano vita nella memoria e un’intera realtà si materializzi. Sul podio il direttore Marcello Rota, un artista molto versatile che può vantare collaborazioni con alcuni tra i più prestigiosi enti musicali del mondo, dal Teatro alla Scala di Milano al San Carlo di Napoli, dalla Staatsoper di Monaco al Bol’šoj di Mosca. Nessuna parentela con il compositore, ma evidentemente un destino iscritto nel nome, visto che il direttore è diventato negli anni uno dei più apprezzati interpreti del repertorio di Nino Rota: una produzione ampia, che comprende, oltre alle colonne sonore, molti brani sinfonici. Come l’occasione richiedeva, le storie “raccontate” dall’orchestra sono state rievocate anche visivamente, grazie alla proiezione di immagini custodite nel prezioso archivio del Museo del Cinema di Torino.
Nonostante una carriera da enfant prodige e l’Oscar con Il Padrino, Nino Rota aveva una concezione umile del suo lavoro, era fedele a quella tradizione italiana che considerava l’attività compositiva come una via di mezzo tra arte e artigianato sapiente. “Lui sa che in un film la musica è solo un’apparizione marginale, qualcosa di secondario… da sottofondo”, così disse di lui Fellini. E il critico cinematografico Steve Della Casa, che ha introdotto il concerto, ha ricordato “il suo modo leggero di essere un musicista serio”. Eppure le musiche di Rota hanno una vita autonoma, possiedono una freschezza che resiste al tempo e vive oltre le immagini. Lo hanno dimostrato gli applausi calorosi del pubblico e i quattro bis dell’orchestra, che comprendevano altre due colonne sonore passate alla storia, sempre sotto il segno di Fellini: Amarcord e Otto e mezzo.
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