Cronaca
Comando e Controllo, la shock economy applicata al terremoto dell’Aquila
Comando e controllo, il documentario diretto dal valsusino Alberto Puliafito e targato iK Produzioni, società torinese, approda in libreria. Dopo nove mesi vissuti in mezzo alle macerie dell’Aquila, Alberto Puliafito ha iniziato a girare l’Italia prima con Yes we camp, un diario della vita nella tendopoli, poi con Comando e controllo, un vero e proprio atto di accusa contro la gestione dell’emergenza-terremoto da parte della Protezione civile.
Presentata in anteprima da Alexander Stille il 6 aprile scorso a New York, l’inchiesta di Puliafito ha vinto il premio come Miglior Documentario nella sezione Il nostro tempo è ora del Premio Libero Bizzarri e ha partecipato a numerose rassegne fra le quali spiccano Cinemambiente, Doc&Short, Libero Cinema in Libera Terra e Documentary in Europe.La febbrile attività del filmaker torinese non si è limitata al cinema ed è approdata anche in libreria con Protezione civile spa, volume che Puliafito ha iniziato a scrivere ben prima che scoppiasse lo scandalo della “cricca” di Diego Anemone e degli appalti pagati in “natura” a Guido Bertolaso.
Esce nelle librerie Comando e controllo, frutto di quasi due anni di lavoro all’Aquila. Puoi raccontarci l’iter che ti ha portato alla realizzazione di questo progetto?
Comando e controllo ha una genesi abbastanza particolare. Il mio socio Fulvio Nebbia e io stavamo lavorando a un progetto che si occupava dei movimenti di dissenso. In particolare, dei movimenti di dissenso al G8. Quando, dopo il terremoto del 6 aprile 2009, il Governo ha spostato dalla Maddalena all’Aquila la sede del summit dei grandi del mondo, mi è sembrato necessario andare all’Aquila per il nostro lavoro. Ma, con un effetto “serendipity” ho trovato ben altro di cui occuparmi. Così, con la nostra casa di produzione indipendente, abbiamo cominciato a raccontare la gestione post-terremoto del territorio aquilano attraverso un lavoro diaristico che si intitolava Yes We Camp. Le varie puntate di Yes We Camp sono disponibili gratuitamente online, sul canale YouTube di iK Produzioni. Ricostruzione mediatica, testimonianze, inaugurazione di casette di legno e camminate sulle macerie, giornalisti respinti dai campi d’accoglienza, controllo sociale, sono temi che, in embrione, si trovano in Yes We Camp e che costituiscono l’ossatura di Comando e Controllo. Mentre giravo e realizzavo le puntate – rigorosamente in modalità filmmaking – vivendo per mesi sul campo, insieme alle persone protagoniste di quel che raccontavo, cercavo anche di raccontare quelle storie che i media mainstream ignoravano, cominciavo a studiare la struttura e l’operato del Dipartimento di Protezione civile, la sua evoluzione negli anni, l’esasperazione della dichiarazione dello stato d’emergenza e del potere d’ordinanza.
Parlandone con Fulvio, ecco che ci venne l’idea di spiegare il sistema con un film ex novo. Oltre a tutto il lavoro di documentazione, una grande fonte di ispirazione è stata per entrambi The Shock Doctrine di Naomi Klein (in Italia uscito come “shock economy”). Comando e controllo non è un titolo che richiama chissà quale fantasiosa teoria cospiratoria: mi è stato suggerito direttamente dalla Protezione Civile, che all’Aquila ha istituito la Di.coma.c., la Direzione di Comando e Controllo. Le parole sono importanti e raccontano le idee che vengono applicate. Comando e Controllo è un film “politico”, nel senso più alto e ormai perduto della parola: non alimenta il tifo pro o contro una fazione, non è un film contro questo quell’uomo o personaggio politico. Se mai è un film contro un sistema. Perché gli uomini passano e i sistemi restano. E l’ideologia neoliberista, aggressiva e capace di approfittare di qualunque situazione potenzialmente emergenziale, resiste e si evolve nel tempo. Nel libro che accompagna il film raccontiamo come si può oggi in Italia realizzare un film indipendente. La prefazione è di Alexander Stille, e ci sono anche interviste a illustri esponenti del cinema indipendente italiano.
Sei stato autore di un corposo volume edito da Aliberti, Protezione civile spa, hai un tuo blog su Il Fatto quotidiano, la nuova informazione passa attraverso la crossmedialità?
Sicuramente sì. Soprattutto quando si è esordienti o quando si cerca di mandare avanti una casa di produzione veramente indipendente. Il mio lavoro e quello di iK non possono godere della visibilità mainstream – a volte per logiche banali di mercato, a volte per il clima censorio che aleggia sul nostro paese – e quindi bisogna utilizzare e costruire la multimedialità e la crossmedialità. È così che nasce, per esempio, www.shockjournalism.info – il giornalismo come reazione allo stato di shock -, che sfocia addirittura in una webradiotv. È così che si da un uso massiccio dei blog e dei Social network per veicolare lavori e concetti. Ed è per questo che ho accettato entusiasticamente di scrivere un libro: era il mio esordio, non sapevo da che parte cominciare, ma era necessario per dare un senso compiuto al lavoro di mesi. Nella stessa ottica gestisco il mio blog sul Fatto Quotidiano – parlo di tematiche che conosco e che riguardano l’emergenza e lo shock. Ed è così che ho cominciato anche a collaborare per www.ilfattoquotidiano.it come giornalista.
Qual’è la situazione all’Aquila a quasi due anni dal terremoto?
Per capirla veramente, la situazione dell’Aquila oggi, bisognerebbe andarci di persona. È una città paradossalmente ancora in stato di emergenza fino al 31 dicembre 2011. Il centro storico è ancora militarizzato – almeno a livello di facciata – e distrutto, ci sono queste 19 new town nate senza alcun criterio urbanistico che rendono la città simile a una specie di ciambella, senza il centro e con una periferia rarefatta e priva di un progetto. Non è stato elaborato un piano per rimozione e smaltimento delle macerie. La ricostruzione va a rilento. La disoccupazione e la cassaintegrazione sono a livelli inauditi. È difficilissimo, in questo contesto, che riparta la vita sociale. E in tutto ciò, non si considera che la gestione emergenziale imposta dall’alto e le manipolazioni mediatiche volte a esaltare l’intervento del Governo – con la creazione di una realtà distopica, che raccontiamo anche nell’incipit di Comando e controllo – ha impedito o reso molto difficile un’elaborazione dello shock da parte dei terremotati.
Il tuo documentario è un atto d’accusa nei confronti delle modalità di intervento della Protezione Civile. Quali sono stati i principali errori commessi in Abruzzo?
Io non parlerei di “errori”. Qui si dovrebbe proprio parlare di “visione del mondo”. Bisognerebbe analizzare il concetto stesso di Stato d’emergenza, confrontare la logica assistenziale con quella dello sviluppo che rimette le popolazioni vittime di una catastrofe in grado di riprendere in mano il proprio destino. In quest’ottica, non sono stati commessi errori. Si è vista, nel terremoto, la possibilità di un profitto, economico e politico; la possibilità di operare una forma di controllo sociale sperimentale. E in quest’ottica, verosimilmente, si è operato.
Quali i progetti in cantiere alla iK Produzioni?
Di progetti ne abbiamo sempre tantissimi. Stiamo lavorando ad alcuni reportage che speriamo di vedere presto in onda in Rai (gli aggiornamenti in merito su www.ikproduzioni.it), abbiamo qualche progetto di fiction – per ora sogni che speriamo di concretizzare. E, personalmente, sto per uscire con il mio secondo libro. Sempre a proposito del volto buono del potere e sempre per Aliberti.
Guarda il trailer di Comando e Controllo
Comando e Controllo – Alberto Puliafito – iK Produzioni
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