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Cultura

Al Massimo fino a marzo si trema con Hitchcock, dal muto agli anni ’70

Redazione Quotidiano Piemontese

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Ci sono registi che segnano un’epoca, altri che lasciano un’orma indelebile in un genere, altri che attraversano epoche e generi con la propria identità autoriale. E poi ci sono quelli che innestano nel complicato marchingegno cinematografico nuovi ingranaggi tanto da vedere aggettivato il proprio cognome. La retrospettiva proposta in questi giorni dalla sala tre del Cinema Massimo ci ricorda perché, da cinquant’anni a questa parte, una suspense efficace o un insostenibile crescendo di tensione siano hitchcockiani. Anzi, l’unanime e universale status di “maestro del brivido” di Alfred Hitchcock è divenuto talmente paradigmatico da essere trasferito a piè pari a ogni tipo di situazione che generi stress emotivo. Se ci sono volute le battaglie dei giovani turchi della Nouvelle Vague a fare del regista di Leytonston un autore, va detto che l’oscuro lavorio sull’inconscio collettivo è stato efficace ben prima dei riconoscimenti della critica.

Con i suoi capolavori Hitchcock ha scritto le regole della suspense ponendo pietre miliari dalle quali tutti coloro che si misurano col thriller (specialmente quello psicologico) devono fare i conti. Ben prima che il freudianesimo dilagasse nella cultura di massa, Hitchcock intuì come la mente umana e le sue alterazioni (anche le piè inconsce) potessero essere oggetto di un cinema capace di far presa su di un grande pubblico.

La rassegna iniziata venerdì 18 febbraio proseguirà sino a marzo descrivendo l’intera parabola di mezzo secolo di carriera da Blackmail (film muto del 1929) a Complotto di famiglia (1976) passando per La finestra sul cortile (1954), La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959), Psycho (1960) e Gli uccelli (1963). L’omaggio ad Alfred Hitchcock è un progetto del Museo Nazionale del cinema in collaborazione con il Dams dell’Università di Torino, con il British Council e con la Cineteca del Comune di Bologna. Un’occasione unica per scoprire le sue pellicole meno note ma anche per individuare le interconnessioni, i legami intertestuali e la portata culturale di un’opera che ha cambiato la storia del cinema. Con buona pace della critica “borbonica” allergica al cinema di genere.

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