Cronaca
A Torino 100mila in piazza con le donne. “Basta. Siamo stanche di essere usate”
Le donne chiamano e il Piemonte risponde in massa. Ci sono in piazza almeno 100mila persone a Torino, un numero che va al di là di ogni aspettativa. “Se non ora quando?”, la manifestazione nata per protestare contro gli abusi e le strumentalizzazioni che tolgono dignità alle donne, si è di fatto trasformata in una gigantesca mobilitazione contro Berlusconi e il suo governo.Alle 14.30 piazza San Carlo è una ragnatela di fili colorati: si fa quasi fatica a muoversi. Decine di gomitoli di lana passano di mano in mano, si attorcigliano alle braccia e agli ombrelli aperti. E’ un messaggio visivo che vuole raccontare la solidarietà, quella rete di legami che le donne sanno tenacemente costruire attorno alle loro vite. Ciò che più colpisce è l’assoluta mancanza di polarizzazione politica. Come espressamente richiesto dalle organizzatrici, bandiere e striscioni dei partiti sono rimasti a casa. Verso le 15, con un boato generale, il corteo si mette in moto. Basta dare un’occhiata alla fiumana in movimento per capire che “Se non ora quando?” è tutto tranne che una manifestazione di genere. Ci sono le donne insieme a moltissimi uomini. Ci sono le famiglie, i cartelli con la faccia del premier e la scritta “Ora basta, game over”, appesi ai passeggini dei neonati. Ci sono i cappellini degli adolescenti mischiati ai capelli brizzolati e bianchi. Le ambientaliste “Pacha Mama” riscuotono un certo successo, con i loro vestiti sgargianti e lo striscione che dice: “Chi è nemico delle donne è nemico della madre Terra”. A tratti sembra quasi una festa di paese, più che un corteo. Tutto è un misto di rabbia e allegria, urla e applausi. Gli slogan non sono molti. L’unica parola che ritorna con ricorrenza, scandita da tutti a intervalli regolari, è “di-mis-sio-ni”. La dicono percorrendo via Roma, la ripetono riversandosi in piazza Castello e poi in via Po, davanti al Rettorato dell’Università. Verso le 17.15 la fiumana raggiunge piazza Vittorio Veneto. L’atmosfera è allegra, ma dagli altoparlanti del furgoncino in testa al corteo partono parole dure. Contro il premier, innanzi tutto, ma anche contro l’amministrazione Cota: “perché è sempre così difficile trovare fondi per finanziare i centri antiviolenza?”. Tante accuse rimbalzano dalla piazza ai palazzi del potere, voci indignate che chiedono risposte a problemi antichi e nuovi: “Perché in questo paese la competenza è sempre subordinata alla bella presenza?” E ancora: “Perché si strumentalizza la violenza sulle donne, incolpando i migranti, quando la metà degli omicidi avviene tra le mura domestiche?”.
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