Cronaca
Un anno di Museo dello Sport a Torino. Il presidente Onorato Arisi: vietato calpestare i sogni – fotogallery
Il Museo dello Sport di Torino ha festeggiato il suo primo anno: un anno difficile, come le cronache hanno riportato, un anno in cui una nuova realtà museale ha cercato di venire letteralmente alla luce. La volontà del Presidente Onorato Arisi di rendere il Museo una casa per gli atleti, per le loro esperienze e ricordi , un luogo in cui sportivi di ieri e di oggi possano ritrovarsi e riconoscersi è stata pienamente soddisfatta. Nel corso dell’anno il Museo si è infatti arricchito ed impreziosito di nuove testimonianze di campioni e atleti che, nelle loro diverse discipline, stanno portando in alto la bandiera italiana: Arianna Errigo e Sara Errani, Fabio Scozzoli e Matteo Manassero, Salvatore Loria e Stefano Maniscalco, Marco Galliano e Ylenia Scapin, solo per citarne alcuni. L’anno scolastico è da poco cominciato, le prime classi che hanno aderito al progetto la Scuola all’Olimpico hanno scoperto, attraverso un percorso museale ad hoc, grandi atleti che nella vita hanno dimostrato grande umanità, non solo sportivi di eccezione ma persone eccezionali che, quando possibile, si sono resi disponibili ad incontrare le classi e a soddisfare le curiosità dei più piccoli.
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Il presidente Onorato Arisi ha voluto così raccontare in una lettera aperta il primo anno di vita del Museo.
Oggi il Museo dello Sport compie il suo primo “moto di rivoluzione” intorno al Sole.
Tutto il nostro passato, quasi ventennale in materia, con realtà fortissime in altri luoghi,tempi e circostanze, è solo un ricordo a volte esaltante, a volte doloroso.
Tante fotografie appese ad una parete insieme al conferimento di <Cittadino Benemerito della Città di Milano> che tanto ci inorgoglì in quel dicembre del 2009.
Il presente si chiama Torino, Stadio Olimpico, Museo dello Sport.
Scriveva Albert Camus nel suo Caligola: “….io non sono un folle e non sono mai stato ragionevole come ora, semplicemente mi sono sentito un bisogno di Impossibile. Questo mondo come è fatto non è sopportabile. Ho dunque bisogno della Luna o della Felicità o dell’Immortalità, insomma di qualcosa che sia forse insensato, ma che non sia di questo mondo”.
Un anno è passato dall’inaugurazione in diretta RAI e dalla gioia di avere anche noi dato un piccolo contributo alla nomina di Torino a Capitale Europea dello Sport 2015.
Da allora, giorno dopo giorno, un susseguirsi di situazioni, sentimenti, incontri, speranze, delusioni, difficoltà, sostenute, solo e soltanto, da un’enorme testardaggine e passione che, fino ad ora, è riuscita comunque a far crescere il Museo.
E’ per questo, e solo per questo, benedetto o maledetto che sia “bisogno di impossibile”, che il Museo oggi riesce ad accendere la sua prima candelina.
Molti, ma non tanti, conoscono le caratteristiche uniche e inconfutabili di questo Museo dello Sport a Torino:
Nasce da apporti di collezioni private.
Voluto, studiato, realizzato e finanziato autonomamente. Sicuramente un Museo tra i più ricchi di memorabilia d’Europa, pur non avendo alle spalle alcuna Istituzione di riferimento.
Primo e unico in Italia.
Oltre 40 discipline sportive fino ad oggi rappresentate.
Oltre 250 Campioni , tra Olimpici, Mondiali , Europei a livello Nazionale ed Internazionale.
Sostenuto e amato da tanti Campioni che, con grande generosità, continuano a portare nelle sale del Museo i loro ricordi più cari. Anche questa fiducia e collaborazione è una sua straordinaria unicità sviluppatasi nel tempo attraverso contatti semplici e trasparenti.
Quanto fino ad ora raccontato potrebbe sembrare un consuntivo da primo passo di disimpegno.
Potrebbe anche diventarlo ma, oggi, non è certo il messaggio che vorremmo fare passare.
Sappiamo tutti in quali gravi difficoltà si dibattono i Musei in questo periodo, l’avere anche appreso la notizia della dolorosa chiusura del Museo del Ciclismo al Ghisallo in Lombardia, nato con il forte sostegno delle Istituzioni sportive e politiche, non è certo un buon segnale per una lunga e buona speranza di vita del nostro.
Le difficoltà sono innanzitutto e ovviamente quelle economiche, che già da sole dovrebbero sconsigliare il proseguimento di questa impresa, troppo solitaria, a qualunque persona dotata di una normale attività cerebrale.
Purtroppo sono mancati fino ad ora il sostegno e l’amicizia di tanti possibili “compagni di viaggio” che avrebbero potuto allargare i nostri orizzonti favorendo una maggiore serenità nelle aspettative, che hanno bisogno, giustamente, di tempo per realizzarsi, e una maggiore, più ampia e accreditata, conoscenza di questa nuova realtà per l’Italia e Torino.
Per cercare di aiutare economicamente il Museo avremmo voluto lanciare una provocazione forte, forse troppo forte nei suoi contenuti. In questo caso, fortunatamente, le nostre parti razionali ed emotive si sono felicemente incontrate evitando colpi di teatro.
Per dare un futuro dignitoso al Museo non basta però solo considerare la situazione economica attuale, bisogna guardare più in là, alle sue prospettive, sposarne la filosofia, amarlo, aderire alla sua disperata voglia di comunicare i valori dello sport e dei suoi tanti interpreti che, in molte discipline si sono distinti, non solo per le loro capacità sportive, ma anche per quelle umane che, se conosciute, possono donare alle nuove generazioni, motivazioni e sogni un pochino più elevati.
Ed è proprio sui giovani e sulle scuole che il nostro impegno è tanto fortemente determinato che ci obbliga ancora a provare a resistere e a non disperdere questo enorme patrimonio umano, culturale e storico che è stato raccolto in tanti anni di ricerche e incontri.
Ognuno di noi , piccolo o grande che sia , dovrebbe oggi fare i conti con i suoi sogni di un tempo , con quelle belle e tante parole spese per raccontare la bellezza e l’universalità dello sport. Dovrebbe plaudire e sostenere chi, dalle fumose parole di circostanza e dalle improbabili promesse, ha invece saputo costruire qualche cosa che, in fondo, è la sintesi concreta, tangibile, delle nostre belle speranze di una volta.
Insomma ognuno di noi dovrebbe rispondere, senza sfuggire, a questa semplice domanda: “cosa posso fare per questo Museo, per quello che rappresenta e potrà rappresentare , dei miei migliori sentimenti?”
A tutti, in cambio , noi “popolo del Museo” regaliamo quello che è stato il nostro lavoro, i nostri sogni, le nostre piccole capacità e le nostre tante sostanze già in gran parte consumate , ma che almeno fino ad oggi,12 novembre 2013, sono arrivate ad accendere la prima candelina con la forte speranza che non venga spenta per sempre.
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